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Doveri dell'avvocato

"IL DIFENSORE E IL DOVERE DI LEALTA' "

Il primo dovere degli avvocati è la cura degli interessi dei propri assistiti, dovere che si esprime nell'obbligo di adempiere, correttamente, il propriomandato. L'avvocato difensore deve porre in essere tutte le azioni idonee a tale scopo, utilizzando tutti i mezzi predisposti dal rito. Così è doveroso per l'avvocato sollevare eccezioni che comportano decadenza per la controparte, perché se non lo facesse il cliente ne subirebbe uno svantaggio del tutto ingiustificato. Vale a dire che la lealtà dell'avvocato è, innanzitutto, lealtà nei confronti del proprio cliente che non può trovare un limite nel rapporto di colleganza. Diversamente, se una eccezione è del tutto inutile alla tutela del proprio assistito e può solo nuocere all'avversario, il difensore dovrebbe valutare l'opportunità di sollevarla. 

Facciamo l'ipotesi di una nullità assoluta dell'atto di citazione: al difensore si pone il dilemma se avvertire la controparte della nullità e consentirle di iniziare nuovamente l'azione o di lasciare che la causa proceda sino al suo naturale esito per poi sollevare la questione dinullità nei gradi successivi. Solo nell'ipotesi in cui la controparte aveva un termine perentorio per iniziare la causa, spirato il quale perde ogni diritto all'azione, (per esempio l'impugnazione di una delibera condominiale da esercitarsi entro trenta giorni dalla delibera o dalla comunicazione), il difensore ha l'obbligo di sollevare l'eccezione di nullità ai fini di far valere la decadenza dal diritto azionato. 

I difensori, dunque, debbono sottoporre al giudice le questioni procedurali a tutela dei diritti della parte anche se ciò nuoce alla controparte e rende palese una dimenticanza od un errore del difensore. Il giudice, piuttosto, deve vigilare a che non vi siano abusi, anche se appare preclusa un'indagine sulle motivazioni che inducono il difensore a chiedere un determinato provvedimento o mantenere una certa condotta processuale. 
Diverso è il dovere di condurre la propria attività difensiva secondo canoni di correttezza e buona educazione. L'atteggiamento esteriore, la condotta in udienza, le parole usate, le frasi contenute negli scritti difensivi debbono essere congrue al tenore sacramentale del giudizio e debbono garantire il rispetto della controparte e di ogni altra parte processuale. 
La norma che consente la cancellazione dagli scritti difensivi della frasi offensive dimostra come il codice di rito richiesta una morigeratezza, cautela e prudenza nella condotta processuale. Il codice di rito non vuole escludere dal processo la vis polemica né la giusta contestazione delle affermazioni fatte dalla controparte, piuttosto invitare al contegno rispettoso e alla moderazione. <> (Cass. 6.7.2004, n. 12309, MGC, 2004, f. 7). 
La giurisprudenza forense <<è estremamente rigorosa e sanziona comportamenti che intaccano il decoro considerato come alto valore etico dell'esercizio professionale con la violazione del dovere di lealtà e probità ovvero del divieto di usare espressioni sconvenienti ed offensive, a norma degli art. 88 ed 89 c.p.c. che può quindi dar luogo, sia ai provvedimenti adottabili nel processo in cui tali fatti vengono commessi, sia all'irrogazione di sanzione disciplinare, ai sensi dell'art. 38 del r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578. Deontologiadi pregnante intensità in quanto ai fini di un corretto esercizio della professione forense l'avvocato deve elevarsi al di sopra delle parti e, nel dare l'indispensabile contributo tecnico per la risoluzione della lite in favore del proprio cliente, deve mantenersi nei limiti invalicabili risultanti dal contemperamento della libertà di pensiero e delle esigenze di difesa con il necessario rispetto verso tutti i protagonisti del processo>> (De Tilla 1995, 1048). 

D'altra parte è importante il contegno processuale dell'avvocato che <
< Il rapporto tra violazione dei princìpi deontologici e abuso del processo si concreta a mio giudizio esclusivamente allorché quest'ultimo viene messo in opera per avvantaggiare il professionista a danno del proprio rappresentato>> (Chiarloni 1998, 533). 

La condotta processuale dell'avvocato, come si diceva all'inizio, è diretta alla tutela degli interessi della parte, mantenendo un distacco ragionato e prudente dal tema del processo, distacco utile ad evitare atteggiamenti eccessivamente partigiani, aggressivi, offensivi. Ma anche una condotta estremamente lucida e conforme ai canoni della buona educazione e del rispetto dell'avversario, può essere scorretta e sleale. Sono le ipotesi di condotte che evidenziano l'uso improprio delle regole poste a garanzia dei diritti dei cittadini. Un esempio è la posizione di testimone da parte dell'avvocato in altra causa. Ci si chiede > (Trib. 15.1.2003, GM, 2003, 1238). 

Dunque la facoltà dell'avvocato di astenersi non è un'eccezione alla regola generale dell'obbligo di rendere testimonianza, piuttosto <> (Corte cost. 8.4.1997, n. 87, Rass. forense, 1997, 866). Se, infine, l'avvocato ha un dovere di astenersi dal testimoniare al fine di tutelare il segreto professionale e ciò quando il difensore è chiamato da altri a rendere testimonianza, tale principio generale deve valere anche nell'ambito di un processo in cui lo stesso legale si propone come teste a favore del proprio assistito o addirittura in un altro processo contro il proprio assistito. Anche il trattare le cause senza eccessi è onere dell'avvocato, non potendo esacerbare l'acrimonia esistente tra le parti od ostacolare una transazione possibile ed equa. E non c'è chi non veda come una posizione processuale così contraddittoria finisca con l'impedire un processo equilibrato e tendenzialmente diretto alla ricerca di una composizione degli opposti interessi in gioco, favorevole a tutte le parti in causa. 


Bibliografia
Chiarloni Sergio Avvocatura e magistratura nella giurisdizione. Per una cultura e un linguaggio comuni, RTDPC, 1998, 2, 531 

De Tilla Maurizio Sull' etica della professione forense in relazione all'uso di espressioni irriguardose ed ingiustificate, GC, 1995, 4, 1047 


 
LA NUDA PROPRIETA' E L'USUFRUTTO
 
Da qualche tempo si verifica, con sempre maggiore frequenza, l'acquisto della nuda proprietà con  riserva del diritto di usufrutto a favore del venditore. In tal caso è utile che l'acquirente conosca  i diritti e gli obblighi nascenti da tale tipologia di acquisto. II venditore, specie se anziano, ottiene un consistente ricavo dalla vendita della nuda proprietà, senza dover lasciare  l’immobile al quale e comunque legato da un valore affettivo. Il valore del bene si determina decurtando dal valore della piena proprietà il valore dell'usufrutto, il cui ammontare e inversamente proporzionale all'età del venditore: maggiore è l'età del venditore, minore e il valore del suo diritto di usufrutto, ma più alto e il valore della nuda proprietà che si vuole trasferire, e quindi maggiore  la convenienza per il venditore.

L'usufrutto e regolato dall'art. 978 e segg. del cod. civ. ; può essere stabilito dalla legge o dalla volontà dell'uomo; può acquistarsi per contratto o anche per usucapione. L'usufrutto può essere costituito a termine o vita natural durante, ma non può superare la vita dell'usufruttuario, non e quindi trasmissibile per successione; se costituito a favore di una persona giuridica, non può durare più di trent'anni. Può essere ceduto per un certo periodo o per tutta la sua durata, salvo che non sia diversamente disposto dal titolo costitutivo.
L'usufruttuario ha il diritto di godere del bene e dei suoi frutti, ma deve rispettare la destinazione economica del bene; può locare l'immobile a terzi, se non e vietato dal titolo costitutivo del diritto, e percepire il canone. In tale ipotesi sarebbe opportuno consentire al nudo proprietario, salvo espressa pattuizione contrattuale,di esercitare la prelazione in caso di locazione.      
Il codice civile stabilisce,quindi, che l'usufruttuario ha il diritto di godere della "cosa" altrui ma deve rispettarne la destinazione economica.
L'usufruttuario, oltre che a utilizzare direttamente l'immobile, potrà affittarlo a uso abitativo ma non potrà mutarne l'uso adibendolo, ad esempio, all'esercizio di un'attività professionale. L'usufruttuario può trarre dalla "cosa" (nel caso specifico l'appartamento ) tutto ciò che può trarre il proprietario. In pratica, l'usufruttuario può essere considerato un "proprietario a termine".

Per cautelarsi da eventuali sgradite sorprese quale quella appunto di trovarsi alla morte dell'usufruttuario un inquilino indesiderato che, in possesso di valido titolo (cioè di un contratto) con data certa, ha diritto di continuare la locazione per la durata contrattuale stabilita, comunque non oltre cinque anni dalla cessazione dell'usufrutto, è opportuno che l'acquirente ponga qualche vincolo a tale possibilità, il nudo proprietario potrà concordare con il venditore al momento dell'acquisto della "nuda" proprietà, l'obbligo da parte sua di comunicare le eventuali intenzioni di cedere l'usufrutto o di locazione e la conseguente possibilità di esercitare un diritto di prelazione.
E' prassi sostituire, per tale motivo, il diritto in commento con quello di abitazione che, a differenza del diritto di usufrutto, consente soltanto al beneficiario di tale diritto di abitare una casa limitatamente ai bisogni propri e della propria famiglia (art. 1022 Cod. Civ.). Tale diritto e preferito dall'acquirente in quanto, diversamente dal l'usufrutto, il diritto di abitazione non può essere ceduto, ne l'immobile concesso in locazione a terzi. Le disposizioni relative all'usufrutto si applicano, in quanto compatibili, anche al diritto di abitazione.
L'usufruttuario deve sostenere le spese e in genere gli oneri di amministrazione e manutenzione ordinaria e pagare le imposte e le tasse gravanti  sull'immobile; sono a suo carico anche le riparazioni straordinarie solo se rese necessarie dall'inadempimento degli obblighi di ordinaria manutenzione (art. 1004 cod. civ.), in tutti gli altri casi sono a carico del nudo proprietario (art. 1005 cod. civ.).                                   
Pertanto, le spese di manutenzione "ordinaria" sono a carico dell'usufruttuario, mentre quelle "straordinarie" sono di competenza del "nudo" proprietario. Tra queste ultime il codice civile indica quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta.
Il nudo proprietario potrà richiedere all’usufruttuario, durante l'usufrutto, l'interesse legale applicato in quel momento sulle spese sostenute per effettuare le riparazioni straordinarie.
L'usufruttuario esercita il diritto di voto quando, nell'assemblea condominiale, si discutono affari che riguardano l'ordinaria amministrazione ed il semplice godimento delle cose e dei servizi comuni. Nelle deliberazioni che riguardano innovazioni, ricostruzioni od opere di manutenzione straordinaria delle parti comuni dell'edificio, il diritto di voto spetta al "nudo" proprietario.

In linea di principio va rilevato che il "nudo" proprietario non può intervenire, in sede di voto, quando l'assemblea condominiale affronta argomenti collegati alla manutenzione "ordinaria". Pertanto, qualora l'usufruttuario risulti moroso, l'amministratore condominiale potrà esercitare i diritti del condominio promuovendo esecuzione forzata sul diritto di usufrutto che, come stabilisce l'articolo 2810 del codice civile, può essere ipotecato.
E' ammissibile che più soggetti, purché comproprietari dello stesso bene, ed in particolare due coniugi, costituiscano, per atto tra vivi, un usufrutto congiunto con reciproco diritto di accrescimento a favore del più longevo: ciò consente di mantenere inalterata, in caso di premorienza di uno degli usufruttuari, la quota di usufrutto che, in caso contrario, verrebbe acquisita dal nudo proprietario a discapito dell'usufruttuario superstite.
L'Irpef sulla rendita catastale dell'immobile e l'Ici (cioè l'imposta comunale sugli immobili) devono essere pagate dall'usufruttuario.
La base imponibile è costituita dalla differenza tra il valore della piena proprietà e quello dell'usufrutto. Questi valori variano in funzione dell'età dei beneficiari e si determina applicando una apposita tabella.
Più è anziano il venditore e maggiore risulterà il valore della "nuda" proprietà con una conseguente maggiore tassazione dell'atto di compravendita.
Alla morte dell'ultimo usufruttuario, l'usufrutto si riunisce alla nuda proprietà, si consolida quindi in capo al nudo proprietario che acquista automaticamente la piena proprietà senza dover pagare alcuna imposta, ma con la semplice voltura al catasto di detta fusione, in forza di un certificate di morte. Infatti, con la riforma dell'imposta di registro la consolidazione dell'usufrutto (la riunione in unico soggetto dell'usufrutto e della nuda proprietà, cosiddetta "confusione"), verificatasi a decorrere dal 1° gennaio 1973, non costituisce più base imponibile per l'applicazione dell'imposta di registro(art. 80, D.P.R. 131/1986). 
 
E’ inoltre possibile acquistare la nuda proprietà con l’applicazione delle agevolazioni per la cosiddetta "prima casa”.

Il pieno possesso e godimento materiale del bene decorre a favore dell'acquirente dal momento della riunione  del diritto di  usufrutto o di abitazione alla  nuda proprietà.


 
L'Abc della Manovra Finanziaria 2010

 

Entrata in vigore (articolo 3, comma 8)
La presente manovra sui conti pubblici 2010 entra in vigore il 1° gennaio 2010.

Finanziamento università ed enti di ricerca (articolo 2, comma 6)
Stabilita una proroga, per il triennio 2010-2012, delle disposizioni previste nella Finanziaria per il 2007 che stabiliscono la crescita annuale del fabbisogno finanziario di atenei e principali enti di ricerca. Per il 2009, il fabbisogno programmato ammonta a 8,9 miliardi di euro per il settore universitario e 1,4 miliardi per gli enti pubblici di ricerca. Per il triennio 2010-2012, invece, la crescita annua del fabbisogno dei 2 comparti si conferma, quindi, rispettivamente, nell'ordine del 3% per gli atenei e del 4% per gli altri enti di ricerca.

Fondi a favore dei giovani (articolo 2, comma 46)
Si modifica la disciplina di questi 3 fondi: Fondo credito per il sostegno dell'attività intermittente dei lavoratori a progetto iscritti alla gestione separata, Fondo microcredito per il sostegno all'attività dei giovani, Fondo per il credito ai giovani lavoratori autonomi.

Fondo tutela ambiente (articolo 2, comma 43)
Per il 2010, al Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio è riservata una quota di 50 milioni.

Fondo risparmi amministrazioni statali (articolo 2, comma 55)
Si prevede un taglio di 100 milioni, a decorrere dal 2010.

Influenza aviaria (articolo 2, comma 50) 
Si riducono di 0,1 milioni di euro, per il 2010, di 0,9 milioni di euro, dal 2011, e di ulteriori 2 milioni per il 2012, i fondi per alcuni interventi urgenti nel settore avicolo, previsti, nel 2005, per fronteggiare le conseguenze derivanti dall'influenza aviaria.

Giornali di partito (articolo 2, comma 53)
Si chiarisce che i contributi vanno, comunque, a tutte le imprese e testate in possesso dei requisiti richiesti dalla legge "anche se, nel frattempo, abbiano mutato forma giuridica".

Meno tasse a famiglie e pensionati a basso reddito (articolo 1, comma 4)
Si chiarisce espressamente che le maggiori disponibilità di finanza pubblica che si dovessero realizzate nel 2010 rispetto alle previsioni contenute nel Dpef 2010-2013, sono destinate, al fine di fronteggiare la diminuzione domanda interna, alla riduzione della pressione fiscale nei confronti delle famiglie con figli e dei percettori di reddito medio-basso, con priorità per i lavoratori dipendenti e i pensionati. Si tratta, va detto, di una sorta di "clausola di salvaguardia", presente, da anni, nella manovra di bilancio, che, finora, però, non ha mai alleggerito le imposte.

Operai agricoli a tempo determinato (articolo 2, comma 5)
Viene introdotta una norma salva-conti sulle pensioni agricole che, con una diversa interpretazione, alla luce, anche di diverse pronunce della Corte di Cassazione, avrebbe potuto provocare un buco di circa 3 miliardi di euro nel primo anno di applicazione e di 270 milioni negli anni successivi. Il chiarimento dispone che il termine del 30 ottobre per la rilevazione della media tra le retribuzioni per le diverse qualifiche previste dai contratti di lavoro provinciali ai fini della determinazione della retribuzione media convenzionale da porre a base per il calcolo di pensioni e contribuzione degli operai agricoli a tempo determinato sia il medesimo di quello previsto per gli operai a tempo indeterminato.

Osservatorio nazionale comunità giovanili (articolo 2, comma 52)
Nasce all'interno della Presidenza del consiglio dei ministri, dipartimento della Gioventù. E' istituito, anche, un Fondo per la realizzazione di azioni di promozione e valorizzazione delle attività delle comunità giovanili. La dotazione finanziaria è di 5 milioni di euro, per ciascuno, degli anni 2007, 2008 e 2009 e 3 milioni per il 2010.

Permute di materiali (articolo 2, comma 42)
Anche le Fiamme Gialle possono stipulare accordi con privati o soggetti pubblici aventi a oggetto la permuta di materiali o prestazioni.

Piccoli comuni (articolo 2, comma 20)
Proroga fino al 2012 dei contributi previsti dalla Finanziaria 2007 per compensare gli effetti sul fabbisogno e sull'indebitamento netto derivanti dal limite per le assunzioni fuori patto di stabilità.

Più soldi per pensioni sociali e di invalidità (articolo 2, commi da 1 a 3)
Fissati, per il 2010, gli importi che lo Stato è tenuto a trasferire per interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali e al fondo pensioni di invalidità. Andranno all'Enpals e al Fondo pensioni lavoratori dipendenti, delle gestioni dei lavoratori autonomi, della gestione speciali minatori, complessivi, 18,1 miliardi di euro (con un incremento annuo di 303,7 milioni). Saranno dirottati, invece, alle gestioni esercenti attività commerciali e artigiani, totali, 4,4 miliardi di euro (circa 75 milioni in più rispetto al 2009). Stabilito, pure, che per quanto riguarda i soldi da ripartire tra le gestioni con conferenza dei servizi, tali somme sono da considerare al netto del trasferimento della somma attribuita alla gestione dei coltivatori diretti, coloni e mezzadri per i trattamento liquidati prima del 1° gennaio1989, pari a 836,9 milioni di euro e delle somme attribuite al fondo minatori ed Enpals, pari, rispettivamente, a 2,72 e 63, milioni di euro. Infine, si prevede, nella Tabella A e nella casella del ministero del Welfare, un accostamento di 40 milioni di euro, nel 2012, per pagare indennità di accompagnamento e pensione di inabilità per gli extracomunitari, prima esclusi da questi benefici e su cui era intervenuta, anche con una sentenza di quest'anno, la Consulta per bocciare tali esclusioni.

Previdenza agricola (articolo 2, comma 44)
Viene estesa al periodo dal 1° gennaio 2010 al 31 luglio 2010, la rideterminazione delle agevolazioni contributive. Per il 2010, a tal fine, è autorizzata una spesa di 120,2 milioni di euro.

Rinegoziazione mutui (articolo 2, comma 40)
Si prevede la facoltà dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa di rinegoziare i mutui accessi, non più entro il 31 dicembre 2004, ma, entro, il 31 dicembre 2008. Si chiarisce, però, che tale autorizzazione è compresa nei limiti delle risorse disponibili: un milione di euro, per il 2010.

Rinnovo contratti pubblici (articolo 2, commi da 10 a 14 e comma 17)
Per il rinnovo dei contratti pubblici le risorse stanziate ammontano a oltre 3,4 miliardi di euro, distribuite per i prossimi tre anni: 693 milioni per il 2010; 1.087 milioni per il 2011 e 1.680 milioni per il 2012. Si tratta di valori indicati in "misura convenzionale già scontata nei tendenziali di spesa a legislazione vigente". Cioè, potrebbero subire modifiche in base, per esempio, al peggiorarsi della crisi a livello internazionale o all'arrivo di più consistenti dinamiche inflattive. Per i dirigenti del comparto Sicurezza-Difesa, si è tenuto conto di valori incrementali superiori, mentre sono esclusi i magistrati e gli avvocati dello Stato per i quali il diverso funzionamento del meccanismo di adeguamento automatico consente l'inserimento dell'incremento annuale in fase di previsione direttamente nei capitoli di bilancio. Per il 2010 si prevedono, in particolare, 350 milioni per i contratti a carico dello Stato (215 milioni Aran e 135 milioni per il personale statale non contrattualizzato), di cui 79 milioni per i corpi e le forze di polizia. A questi si aggiungono 343 milioni per il settore non statale. Si precisa che gli stanziamenti previsti comprendono, anche, gli oneri riflessi a carico della amministrazioni, quali, per esempio, contributi previdenziali e Irap. Si conferma, poi, che per il settore non statale e per i miglioramenti economici dei professori e ricercatori universitari, gli oneri che derivano dal rinnovo contrattuale 2010-2012 sono a carico dei rispettivi bilanci. Per gli enti del Ssn è previsto, pure, l'obbligo di accantonamento in bilancio (la norma dice "fornendone evidenza") delle somme necessarie per il rinnovo dei contratti e degli accordi collettivi nazionali per il personale dipendente e convenzionato.

Riordino fondiario (articolo 2, comma 48)
Si prevede che, a decorrere dalla data di scadenza del regime di aiuti per il riordino fondiario, le risorse disponibili della gestione in corso dell'ex Cassa per la formazione della piccola proprietà contadina sono destinate al ripiano di eventuali esposizioni debitorie del soggetto gestore nei confronti delle banche.
Risparmi da reinvestire nel pubblico impiego (articolo 2, commi 15 e 16)
Sarà istituito un fondo ad hoc, presso Via XX Settembre, nel quale confluiranno gli eventuali maggiori risparmi derivanti dalle misure di riorganizzazione e razionalizzazione delle spese per il personale, accertati in sede di verifica sui dati di consuntivo al primo semestre 2010. Tale risorse, su proposta della Funzione Pubblica, saranno destinate a sviluppare produttività e merito nella pubblica amministrazione. A eccezione del comparto scuola, per a cui si continua ad applicare la specifica disciplina di settore, introdotta con la manovra estiva 2008, che, come noto, attraverso una complessa opera di riorganizzazione didattica e amministrativa, prevede per il bilancio dello Stato economie lorde di spesa, non inferiori a 1,65 miliardi di euro per l'anno 2010, a 2,538 miliardi di euro per l'anno 2011 e a 3,188 miliardi di euro a decorrere dall'anno 2012. Una quota parte delle economie di spesa è destinata, e per l'esattezza nella misura del 30%, a incrementare le risorse contrattuali stanziate per le iniziative dirette alla valorizzazione e allo sviluppo professionale della carriera del personale della scuola, a decorrere dall'anno 2010, con riferimento ai risparmi conseguiti per ciascun anno scolastico.

Ristrutturazioni immobili (articolo 2, commi 7 e 8)
Disposta la proroga al 2012 della detrazione Irpef al 36% delle spese sostenute per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio e in favore di acquirenti o intestatari di immobili facenti parte di fabbricati interamente ristrutturati da imprese di costruzione o da cooperative edilizie.
Si chiarisce che le agevolazioni spettano, anche, per le spese sostenute, nel 2012, per interventi di recupero del patrimonio edilizio e nel caso di acquisto di immobili facenti parte di parte di fabbricati interamente ristrutturati da imprese di costruzione o da cooperative edilizie, sempre che i lavori siano eseguiti entro il 31 dicembre 2012 e che l'alienazione e l'assegnazione dell'immobile avvenga entro il 30 giugno 2013.
La normativa di favore fiscale per il recupero edilizio, prevede, come noto, una detrazione di una quota pari al 36% delle spese di recupero del patrimonio edilizio per un ammontare complessivo delle spese agevolate non superiore a 48mila euro per immobile e la ripartizione in 10 rate annuali di pari importo. I contribuenti di età non inferiore a 80 anni possono optare per una ripartizione in 3 o 5 rate annuali, mentre i contribuenti di età non inferiore a 75 anni possono optare per una ripartizione in 5 rate. Diventa, invece, a regime l'agevolazione (il comma indica "2012 e successivi") che consente l'applicazione dell'aliquota Iva al 10% sui lavori di recupero del patrimonio edilizio realizzati su fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata. Deve, però, trattarsi di prestazioni di manutenzione ordinaria, straordinaria, di restauro conservativo e di ristrutturazione edilizia per le quali l'applicazione ridotta dell'Iva era finora prevista solo transitoriamente, in considerazione dei termini di durata della relativa autorizzazione rilasciata dall'Ue. A maggio scorso, anche, l'Europa ha cambiato norme ed è, ora, possibile in tutti gli Stati membri introdurre un'aliquota Iva ridotta per le prestazioni nel settore edile.

Segni distintivi militari (articolo 2, commi da 24 a 27)
Forze armate, Carabinieri e Fiamme Gialle hanno il diritto all'uso esclusivo delle proprie denominazioni, dei propri stemmi, degli emblemi e di ogni altro segno distintivo. Chiunque fabbrica, vende, espone o utilizza, per trarne profitto, tali segni distintivi è punito con la multa da mille a 5mila euro. Tale sanzioni non si applicano ai collezionisti e agli amatori che operano per finalità strettamente personali e non lucrative.

Sicurezza (articolo 2, comma 38)
Arrivano 100 milioni di euro, a decorrere dal 2010, per riconoscere la specificità e il ruolo del personale del comparto sicurezza-difesa.

Sviluppo tessuto produttivo (articolo 2, comma 39)
Si autorizza la spesa di 15 milioni di euro, per il 2010, di 15 milioni, per il 2011, e di, altri, 20 milioni, per il 2012, per consentire lo sviluppo di alcune regioni (quasi tutte del Sud) e delle 5 provincie del Lazio, attraverso l'incentivazione di progetti coordinati dall'Enea.

Tabelle allegate alla manovra di bilancio (articolo 3, commi da 1 a 7)
Vengono elencati gli importi stanziati per ciascun intervento previsto dagli articoli precedenti. In particolare, nelle Tabelle A e B sono indicati i fondi occorrenti per le spese correnti e per quelle in conto capitale. Le dotazioni da iscrivere nei singoli stati di previsione del bilancio 2010 del triennio 2010-2012 sono indicate nella tabella C. I soldi per il rifinanziamento di interventi di sostegno dell'economia sono determinati nella tabella D. Le tabelle E ed F, infine, riportano autorizzazioni di spesa per altre misure di carattere più particolare, tecnico-contabile.

Unioncamere (articolo 2, comma 19)
Si estende, anche, per gli anni 2010, 2011, 2012, l'obbligo in capo a Unioncamere di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, solo previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità. La norma si spiega nell'ottica del più generale principio di concorso al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, previsti dalla manovra triennale sui conti.

Vittime terrorismo (articolo 2, commi 22 e 51)
E i loro superstiti, compresi i figli maggiorenni, gli ascendenti, i fratelli e le sorelle, parti in causa nel relativo giudizio, sono esenti dall'obbligo di pagamento dell'imposta di registro, previsto quali parti in causa, e di ogni altra imposta. Inoltre, nei confronti degli orfani delle vittime di terrorismo e stragi di tale matrice, che siano stati collocati già in pensione, è riconosciuto un contributo straordinario per il 2010 pari a 5 milioni di euro. Un successivo decreto interministeriale (Interno ed Economia) provvederà alla ripartizione della somma. Tale contributo non è decurtabile a ogni effetto di legge e, allo stesso, si applicano i benefici fiscali in materia di esenzione dall'Irpef.
 
Agevolazioni per ristrutturazioni edilizie
I commi 10 e 11 dell'art. 2 prorogano all'anno 2012 la detrazione Irpef spettante per le spese di ristrutturazione edilizia (36% dell'onere sostenuto per un importo non superiore a 48.000 euro). Sono interessate dalla proroga le spese relative a unità immobiliari a prevalente destinazione abitativa privata e quelle eseguite su interi fabbricati dalle imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare nonché da cooperative edilizie purché provvedano all'alienazione o assegnazione dell'immobile entro il 30/06/2013.
Viene poi introdotta a regime l'aliquota IVA agevolata al 10% per le prestazioni relative ad interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia, effettuati su fabbricati a prevalente destinazione abitativa di cui alle lettere a), b), c) e d) dell'art. 3 del D.P.R. 380/2001. L'applicazione definitiva dell'aliquota ridotta, normalmente oggetto di intervento di proroga annuale, è compatibile con la disciplina comunitaria in quanto, con la direttiva 2009/47/CE, i servizi ad alta intensità di lavoro (tra i quali le ristrutturazioni edilizie) sono stati inclusi nell'elenco dei beni e servizi che possono essere assoggettati ad aliquota agevolata.

Rivalutazione terreni e partecipazioni
I commi 229 e 230 dell'art. 2 riaprono i termini per la rivalutazione di terreni e partecipazioni includendo nell'ambito di applicazione i beni posseduti alla data del 01/01/2010, in luogo della precedente fissata al 01/01/2008. Conseguentemente, vengono differiti dal 31/10/2008 al 31/10/2010 i termini per il versamento dell'imposta sostitutiva e per la redazione e il giuramento della perizia di stima.

Messa in sicurezza degli edifici scolastici
Il 239 dell'art. 2 reca norme procedurali in merito alla realizzazione degli interventi di messa in sicurezza ed adeguamento antisismico delle scuole. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria, previa approvazione di apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per materia, nonché per i profili di carattere finanziario, devono essere individuati gli interventi immediatamente realizzabili fino ad un importo complessivo di 300 milioni euro, con la relativa ripartizione tra gli enti territoriali interessati

Ponte sullo stretto Messina
I commi 203 e 204 dell'art. 2 autorizzano la spesa di 470 milioni di euro per il 2012 quale contributo ad Anas S.p.A. per la sottoscrizione e l'esecuzione - a partire dal 2012 – di aumenti di capitale della Stretto di Messina S.p.A. e novellano l'art. 1, comma 1, della L. 1158/1971 (Collegamento viario e ferroviario fra la Sicilia ed il continente) nella parte in cui prevede la partecipazione al capitale sociale della Stretto di Messina S.p.A. da parte Anas S.p.a., delle regioni Sicilia e Calabria, nonché di altre società controllate dallo Stato, al fine di garantire la proprietà pubblica della Stretto di Messina S.p.A. attraverso l'introduzione di una soglia minima - pari al 51% - per la partecipazione dei citati soggetti.

Imposta sostitutiva su redditi locazione di immobili ubicati nella provincia de L'Aquila
Il comma 228 dell'art. 2 introduce, in via transitoria per l'anno 2010, la facoltà per i titolari di redditi di locazione di immobili ubicati nella provincia dell'Aquila di applicare un regime di imposizione sostitutivo dell'Irpef e relative addizionali con aliquota fissata in misura pari al 20%. Il beneficio spetta in presenza dei seguenti requisiti:
- il contratto di locazione deve essere stipulato ai sensi dell'articolo 2, comma 3, della L. 431/1998 (cosiddetti canoni concordati);
- le parti contraenti devono essere esclusivamente persone fisiche che non agiscono nell'esercizio d'impresa, arte o professione;
- l'immobile, situato nella provincia aquilana, deve essere destinato ad uso abitativo.


Finanziaria 2010: agevolazioni fiscali per la casa
Pubblicato da Filadelfo in In Evidenza.
Mercoledì, 9 Dicembre 2009.


Nella Finanziaria 2010 non c’è il provvedimento di proroga relativo all’agevolazione fiscale, con il regime del 55%, per i costi legati al risparmio energetico degli edifici; a metterlo in evidenza è la Finco, Federazione Nazionale di settore, aderente a Confindustria, che rappresenta e tutela gli interessi dellle industrie dei prodotti-impianti-servizi del settore delle costruzioni. Pur tuttavia, la Finco sottolinea come la misura sia ancora valida per tutto il 2010, ragion per cui il provvedimento non c’è proprio perché non era in scadenza.

Per quanto riguarda le ristrutturazioni, invece, è stata prorogata la detrazione al 36%, con un massimale di 48 mila euro “ammortizzabile” in dieci anni, per le spese di ristrutturazione, entro il 2012, delle singole unità immobiliari e delle relative pertinenze.

La suddivisione delle somme, in dieci anni, con un massimale di 48 mila euro, può tra l’altro essere effettuata in un numero minore di anni nel caso in cui a ristrutturare siano persone con un’età sopra gli 80 o sopra i 75 anni.

Sul versante dell’IVA, inoltre, l’agevolazione fiscale, resa tra l’altro permanente, è quella relativa all’imposta sul valore aggiunto al 10%, e non al 20%, sui progetti di recupero del patrimonio edilizio attraverso interventi che, realizzati su immobili ad uso residenziale, possono essere sia di natura straordinaria, sia di natura ordinaria.

Fonte il sole24ore

La Finanziaria per il 2010, entrata "in versione light", già al primo giro di boa, al Senato, è cresciuta di ben 38 nuovi commi, inseriti, quasi tutti, all'interno dell'articolo 2, dedicato (non a caso) alle "disposizioni diverse". E, ora, nel provvedimento, che, formalmente, resta di 3 articoli e tante tabelle, c'è davvero di tutto di più. Si passa dalle risorse in più per il comparto sicurezza-difesa, alle modifiche ai Fondi per l'accesso al credito per le giovani coppie in cerca di casa e alle nuove norme sul commercio ambulante. Arrivano, anche, 4 milioni di euro per l'acquisto di defibrillatori e 10 milioni per aiutare i consorzi di confidi. Disco verde, anche, alla proroga, fino al 2012, delle agevolazioni fiscali previste per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio e in favore di acquirenti o intestatari di immobili facenti parte di fabbricati interamente ristrutturati da imprese di costruzione o da cooperative edilizie. Altra notizia da evidenziare tra le pieghe della manovra di bilancio 2010 è l'ingresso, a regime, dell'Iva ridotta al 10% sui lavori di recupero del patrimonio edilizio realizzati su fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata. Deve, però, trattarsi di prestazioni di manutenzione ordinaria, straordinaria, di restauro conservativo o di ristrutturazione edilizia.

Dopo una serie di tira e molla, salgono, invece, a 3,4 miliardi di euro i soldi che il ministro "antifannulloni" Renato Brunetta è riuscito a tirare fuori per i rinnovi contrattuali per i pubblici dipendenti, triennio 2010-2012. La Finanziaria per il 2010 prevede, anche, la destinazione delle maggiori disponibilità di finanza pubblica che si dovessero realizzate per la riduzione delle tasse a famiglie con figli, percettori di reddito medio-basso, lavoratori dipendenti e pensionati. Una misura, presente da anni, nelle manovre di bilancio, che, finora, però, non ha mai alleggerito le imposte degli italiani. Ecco, comunque, nel dettaglio, voce per voce, tutte le novità contenute nei 3 articoli del ddl Finanziaria per il 2010, ora, all'esame della Camera.

Abruzzo (articolo 2, commi 37 e 46)
Si prevede per i comuni abruzzesi l'esclusione dal saldo del patto di stabilità interno 2010, per un importo complessivo non superiore ai 15 milioni di euro, dei pagamenti per le spese di ricostruzione e per la tutela della sicurezza pubblica. Inoltre, sempre in favore degli interventi di sostegno a favore della popolazione colpita dal sisma del 6 aprile scorso, si aumenta di 10 milioni di euro, per il 2010, il fondo ad hoc per la Protezione civile.

Accesso al credito per le giovani coppie (articolo 2, comma 34)
Si prevede che a partire dal 1° settembre 2008, è istituito presso la Presidenza del consiglio dei ministri un Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari mono-genitoriali con figli minori, con priorità per quelli i cui componenti non risultano occupati con rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Sarà un decreto interministeriale (Gioventù, Economia, Infrastrutture), d'intesa con le Regioni, a dettare i criteri per l'accesso al Fondo.

Agricoltura (articolo 2, comma 49)
In considerazione della specificità delle produzioni agricole tipiche e per il sostegno al made in Italy, è autorizzata una spesa di 10 milioni di euro, per il 2010, per il riconoscimento di contributi alla produzione di prodotti a stagionatura prolungata a denominazione registrata a livello comunitario del settore primario agricolo.

Assegni e pensioni invalidi civili (articolo 2, comma 4)
Per il finanziamento dei maggiori oneri per l'erogazione di pensioni, assegni e indennità a invalidi civili, ciechi e sordomuti, valutati, per il 2008, in 204,09 milioni di euro, e, per il 2009, in 200 milioni, si autorizza l'Inps a utilizzare residui di fondi in eccedenza (purché iscritti in bilancio), tra cui, quelli a sostegno di maternità e paternità e per i pensionamenti anticipati.

Banche popolari (articolo 2, comma 36)
Si prevede un (ulteriore) differimento al 31 dicembre 2010 del termine per l'alienazione delle azioni eccedenti la misura prevista dall'articolo 30, comma 2 del Tub (lo 0,5 per cento del capitale sociale).
Beni immobili confiscati alla mafia (articolo 2, comma 47)
Se è impossibile riutilizzarli per fini pubblici, si possono vendere. Le attività di vendita sono curate dall'Agenzia del Demanio. Le somme ricavate dalla vendita confluiranno nel Fondo unico giustizia per essere riassegnate, al 50%, al ministero dell'Interno e per l'altra metà al ministero di Via Arenula.


 
Separazione e Divorzio

 
Quando il matrimonio è in crisi e si vogliono tutelare gli interessi propri e dei figli, un legale può essere un aiuto prezioso per conoscere i propri diritti e per suggerire le soluzioni e le procedure più adatte al caso.
Durante la fase di separazione e di divorzio, l'aiuto di un legale è indispensabile per tutelare i propri interessi, sia quelli patrimoniali (assegno di mantenimento o alimenti) che gli interessi legati all'affidamento dei figli minori e della casa coniugale.
Separazione
La separazione personale dei coniugi non determina la fine del matrimonio, tuttavia con essa gli effetti del vincolo matrimoniale vengono attenuati.
La separazione personale dei coniugi, infatti, produce effetti sui rapporti sia patrimoniali che personali tra i coniugi.
Tra gli effetti patrimoniali della separazione si possono indicare la cessazione della comunione legale dei beni, la possibile attribuzione di un assegno di mantenimento a favore del coniuge più debole, il dovere di contribuire al mantenimento della prole, ecc. . 
Per quanto riguarda gli effetti sui rapporti personali dei coniugi, la separazione legale sospende l’obbligo di coabitazione, di fedeltà e di collaborazione tra i coniugi.
La legge prevede due modi per giungere alla separazione personale tra i coniugi: la separazione consensuale e la separazione giudiziale.
Divorzio
A differenza della separazione, il divorzio pone fine al matrimonio ed allo status di coniuge, che riacquista lo stato libero e può passare - se lo desidera - a nuove nozze.
I casi di scioglimento del matrimonio (se contratto con rito civile) o di cessazione degli effetti civili del matrimonio (se matrimonio concordatario) sono tassativamente elencati nell’art. 3 della legge 898/1970 e riguardano per lo più casi di rilevanti condanne penali a carico di uno dei coniugi, ovvero condanne per delitti contro l’altro coniuge o i figli; il caso in cui uno dei coniugi, cittadino straniero, ha ottenuto all'estero l'annullamento o lo scioglimento del matrimonio o ha contratto all'estero nuovo matrimonio; il caso in cui il matrimonio non sia stato consumato ovvero sia passata in giudicato sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso di uno dei coniugi. La causa di divorzio più comune rimane comunque la separazione personale dei coniugi protratta per almeno tre anni dall’avvenuta comparizione dei coniugi avanti al Presedente del Tribunale.
Come per la separazione, il divorzio può essere congiunto o giudiziale.
Il divorzio è congiunto quando vi è accordo sulle condizioni di divorzio e i coniugi presentano insieme il ricorso di divorzio;
Il divorzio è giudiziale quando non vi è accordo sulla richiesta o sulle condizioni di divorzio ed il ricorso viene presentato da uno solo dei coniugi.
La sentenza di dichiarazione di divorzio comporta vari effetti di natura patrimoniale e personale.
Tra gli effetti di natura personale ricordiamo il venir meno dei diritti e degli obblighi derivanti dal matrimonio, la riacquisizione dello status libero, per la donna la perdita del cognome del marito aggiunto al proprio.
Tra gli effetti di natura patrimoniale vi è lo scioglimento della comunione legale (ove questo non fosse già intervenuto per effetto della separazione), la cessazione della comunione convenzionale, lo scioglimento del fondo patrimoniale, l’esclusione dall’impresa famigliare.
Assistenza del difensore
A partire dal 1° gennaio 2006 (data di entrata in vigore delle modifiche apportate dal D.L. 14.03.2005 n. 35 convertito nella Legge 14.05.2005 n. 80, tra cui la disciplina in materia di diritto di famiglia di cui all’art. 707 c.p.c., l’assistenza di un legale è diventata obbligatoria anche per presentare le domande di separazione consensuale.
Pertanto, a partire da tale data, i coniugi non potranno più presentare personalmente le domande di separazione consensuale ma, come per i casi di separazione giudiziale, è diventata obbligatoria l’assistenza di un difensore.
Tale disciplina, e quindi anche la necessità di avvalersi dell’ausilio di un legale, trova applicazione anche per i casi di divorzio. Il ricorso per ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio dovrà essere presentato e seguito da un legale, sebbene residuino alcuni Tribunali che ammettono la presentazione del ricorso di divorzio congiunto da parte dei coniugi personalmente.
Sia per l'assegnazione che per il divorzio particolari frizioni sorgono spesso circa l’assegnazione della casa coniugale. In tale aspetto si verificano i maggiori attriti per i coniugi, poiché il coniuge estromesso – soprattutto quando sia il proprietario esclusivo o unico dell’immobile – viene fortemente penalizzato; molto spesso l’assegnazione della abitazione si traduce in una espropriazione se non definitiva, destinata a perdurare per molti anni. Sinteticamente si può qui precisare che l’istituto dell’assegnazione della casa coniugale è regolato dl’art. 155 quater aggiunto al Codice Civile dalla Legge 54/2006 (sull’affido condiviso). Questa norma, rubricata come “assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza” stabilisce che “il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’articolo 2643. Nel caso in cui uno dei coniugi cambi la residenza o il domicilio, l’altro coniuge può dunque chiedere, se il mutamento interferisce con le modalità dell’affidamento, la ridefinizione degli accordi o dei provvedimenti adottati, ivi compresi quelli economici”. L’interpretazione oggi data alla norma dalla Corte di Cassazione è quello secondo cui il diritto all’assegnazione della (ex) casa coniugale spetta al genitore con cui convivono i figli minorenni o maggiorenni non autonomi conviventi e ciò indipendentemente dal fatto che sia o meno titolare di un diritto reale o personale di godimento sull’immobile. Lo scopo della norma è quella di assicurare una pronta e conveniente sistemazione della prole incolpevole del fallimento del matrimonio e di impedire che questa, oltre al trauma della separazione dei genitori, subisca anche quello dell’allontanamento dall’ambiente in cui vive ed infine di favorire la continuazione della convivenza tra loro.
Attualmente, la Suprema Corte di Cassazione ha ribadito questa rigida interpretazione della legge, escludendo il diritto all’assegnazione della casa familiare laddove non vi siano figli minorenni o maggiorenni non autonomi ed annullando tutte quelle interpretazioni estensive della norma che tendevano a riconoscere il diritto all’assegnazione della casa anche a favore del coniuge economicamente più debole, pur in assenza di figli, privando della proprietà il titolare del bene. La giurisprudenza maggioritaria nega appunto questa possibilità sul presupposta che il diritto del coniuge proprietario del bene subirebbe una limitazione eccessiva, in contrasto con l’art. 42 comma 2 della Costituzione, in quanto egli ternerebbe in possesso dell’abitazione solo in caso di decesso dell’altro coniuge, o di sue nuove nozze.
L’assegnazione della casa familiare costituisce una facoltà di godimento qualificata come “diritto atipico personale“, che, pertanto, non priva il proprietario dell’immobile della disponibilità del suo diritto dominicale. Da ciò derivano alcune conseguenze: secondo un costante orientamento giurisprudenziale l’assegnazione comporta l’accollo di tutti gli oneri condominiali ordinari a carico del coniuge assegnatario; mentre le spese straordinarie continuano a gravare sul proprietario; su quest’ultimo continuerà a gravare anche l’imposta comunale sugl'immobili (ICI). Le eventuali rate di mutuo preesistente sull’immobile continuano ad essere di competenza del coniuge che si è accollato il mutuo, salvo diversi accordi tra i coniugi.
Per quanto attiene all'affidamento dei figli: consistente nell’obbligo di custodia dei figli inteso come obbligo per ciascun genitori di provvedere a tutto ciò che occorre per garantire una esistenza civile e dignitosa ai figli. Con la citata legge 54/2006 è stato introdotto il c.d. affido condiviso, disciplinato dal novellato art. 155 del c.c., che così recita:
“Art. 155. - (Provvedimenti riguardo ai figli) – Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole.
La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente.
Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando
1) le attuali esigenze del figlio;
2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori;
3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore;
4) le risorse economiche di entrambi i genitori
5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.
Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi“.
Con l’attuale normativa, quindi, la custodia dei figli è prioritariamente attribuita sia al padre che alla madre. In verità l’innovazione è più che altro una innovazione di principio. Nella pratica poco è cambiato rispetto alla precedente normativa (affidamento ad uno dei due coniugi), poiché i figli vivono per lo più con un solo genitore e quindi la custodia dell’altro appare più che altro simbolica.
Servizi
Lo Studio Legale dell'avv. Sergio Conte si occupa di offrire assistenza sia in ambito stragiudiziale nella fase antecedente la proposizione della domanda di separazione e divorzio attraverso un’attività di mediazione al fine di giungere ad un accordo sulle condizioni di separazione o divorzio tra i coniugi; sia in ambito giudiziale, attraverso la redazione ed il deposito del ricorso di separazione o divorzio e l’assistenza della parte in udienza.


 
IL  PROCEDIMENTO  PER  DECRETO  INGIUNTIVO 

Premessa


Il procedimento per decreto ingiuntivo nasce dall’esigenza di evitare al creditore il pregiudizio derivante dai tempi ordinari di accertamento del suo diritto; il sistema per far sì che il creditore possa acquisire in tempi rapidi un titolo che gli consenta di agire esecutivamente nei confronti del debitore, è quello di prevedere, in determinate specifiche ipotesi, un accertamento sommario con efficacia provvisoria.
Il procedimento per ingiunzione, che offrendo una tutela immediata sia con riguardo ai crediti in  denaro che a quelli per consegna di cose mobili, risponde ad esigenze pratiche di deflazione del processo ordinario, viene previsto nel nostro Codice di Procedura Civile sulla base di precedenti analoghi istituti presenti sia nel progetto Orlando del 1909 sia in altri progetti intermedi.
Pochi sono stati, negli anni, gli interventi della Corte Costituzionale sull’impianto originario, e la giurisprudenza sia di legittimità che di merito ha cercato, in via interpretativa, di salvaguardare le esigenze di tutela dell’intimato.
I problemi ermeneutici ed applicativi delle norme sul decreto ingiuntivo nascono dalla necessità di conciliare due diverse (e spesso opposte) esigenze: da una parte offrire al ricorrente un rapido riconoscimento del suo credito e dall’altra tutelare la posizione e le ragioni dell’ingiunto.
 


La struttura del procedimento

Il procedimento monitorio si articola in due fasi, di cui la prima, a carattere esclusivamente documentale, che costituisce il procedimento monitorio in senso stretto, è destinata a concludersi (per l’ipotesi che la domanda non venga rigettata) con un decreto di condanna (al pagamento di una somma di denaro ovvero alla consegna di una determinata quantità di cose fungibili ovvero alla consegna di una cosa mobile determinata) che viene emesso inaudita altera parte e quindi in totale assenza di contraddittorio; a questa fase può far seguito, ad iniziativa del debitore ingiunto, l’apertura di un procedimento ordinario, di primo grado, a cognizione piena nel corso del quale, in contraddittorio con il soggetto nei confronti del quale era stato emesso il decreto, si procede alla compiuta delibazione della pretesa azionata.
Questo meccanismo, nel quale una statuizione di tipo sommario assunta senza contraddittorio, ha l’attitudine al giudicato (nel senso che diventa definitiva qualora non venga proposta opposizione nei termini) è stato sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale sotto diversi aspetti.
II sistema è stato ritenuto legittimo dalla Corte, con riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, sulla base dell’unitarietà dell’azione esercitata, pure se scissa in due momenti, e quindi con la valorizzazione della possibilità, per il debitore, di provocare un giudizio a cognizione piena nel quale entrambe le parti hanno le medesime facoltà e gli stessi oneri probatori previsti, in generale, nel giudizio ordinario. La Corte, in particolare, ha sottolineato che la fase sommaria non attribuisce al creditore, nel conseguente giudizio ordinario di opposizione,  alcuna posizione di privilegio, né sostanziale né processuale.
Con riguardo, poi, alla norma di cui all’articolo 111 che prevede la motivazione per i provvedimenti a contenuto decisorio, si è sostenuto che la previsione di una qualche motivazione, sia pure concisa ed in ipotesi per relationem (con riferimento, quindi, al contenuto del ricorso ed ai documenti prodotti unitamente al ricorso stesso ed in esso richiamati) può trarsi dal combinato disposto degli articoli 641 (che parla di  “decreto motivato”) e 135 (che richiama, in generale i casi di decreto motivato previsti dalla legge) del Codice di Procedura Civile. 
Nonostante la concreta distinzione in due fasi e le numerose costruzioni dottrinarie sul punto (combinazione di due azioni; unica azione ordinaria fatta valere in forma speciale; due giudizi autonomi di cui uno speciale ed uno ordinario) dalla disciplina del Codice sembra potersi dedurre che si tratti di un’unica azione, che è quella proposta dal creditore con il deposito del ricorso per ingiunzione e ciò per le considerazioni che seguono:

l’articolo 640 comma 3 afferma che il decreto di rigetto non pregiudica la riproposizione della domanda (che è quindi unica) anche in via ordinaria;

l’accertamento del diritto fatto valere in via monitoria  trova la sua fonte nel decreto ingiuntivo che diviene definitivo, con efficacia di condanna, sia nell’ipotesi di mancata opposizione, sia nell’ipotesi di rigetto totale dell’opposizione;

la domanda proposta con il decreto vincola il creditore, nel successivo giudizio di opposizione, al petitum ed alla causa petendi indicati in ricorso, restando salve solo le norme dettate, sul punto, dagli articoli 183 e 184 del Codice di Procedura Civile;

dal combinato disposto degli articoli 638 e 645 del Codice di rito si evince che l’opposizione va notificata al difensore del ricorrente e ciò avviene (in base alla norma generale di cui all’articolo 170 dello stesso Codice) solo quando la parte è costituita in giudizio e quindi quando un giudizio è già pendente;

la competenza a conoscere dell’opposizione appartiene sempre e comunque al Giudice (inteso, ovviamente, come Ufficio Giudiziario) che ha pronunciato il decreto.

Trattasi, quindi di un unico procedimento, nel quale, per la particolarità del meccanismo previsto dal Legislatore, l’editio actionis è attribuita all’attore sostanziale che è il ricorrente, mentre la vocatio in ius viene posta in essere dal convenuto sostanziale con il suo primo atto difensivo che è l’opposizione.
 


Presupposti di ammissibilità del decreto

La speciale tutela accordata dal Legislatore con il procedimento per decreto ingiuntivo è ancorata alla natura ed all’oggetto della pretesa nonché all’esistenza di una prova scritta.
La rubrica dell’articolo 633 del Codice di rito parla espressamente di  “condizioni di ammissibilità” del procedimento per ingiunzione, precisando poi, nel corpo della norma, che la procedura in questione, a differenza del processo ordinario di cognizione (che può avere ad oggetto qualsiasi situazione giuridicamente tutelata da farsi valere con qualunque mezzo di prova) può essere attivata solo sulla base di un diritto di credito del quale si dà prova scritta e avente ad oggetto una somma di denaro, una determinata quantità di cose fungibili ovvero una cosa mobile determinata. Trattasi, come affermava già Calamandrei all’inizio del secolo scorso, dei presupposti processuali speciali della procedura monitoria che devono sussistere, nella fattispecie dedotta, unitamente ai presupposti generali comuni alle altre forme ordinarie di giudizio (giurisdizione e competenza del giudice, capacità e legittimazione delle parti).
Con riguardo al concetto di prova scritta in generale occorre notare come la nozione che se ne ricava dall’articolo 633 del Codice di Procedura Civile sia meno rigorosa di quella desumibile dagli articoli 2699 e seguenti del Codice Civile: in questi ultimi sono indicati, sotto la rubrica  “prove documentali”, l’atto pubblico e la scrittura privata nonché le riproduzioni meccaniche di fatti o cose ed è sempre richiesta, in qualche modo, un’attività (quanto meno di non disconoscimento) del debitore. Nel procedimento monitorio si possono avere prove scritte che prescindono da qualsiasi comportamento o atteggiamento del soggetto nei cui confronti tali prove vengono fatte valere, anche se con efficacia limitata alla fase sommaria.
Una lettura attenta e costituzionalmente orientata delle norme sul decreto ingiuntivo porta a ritenere che il debitore, qualora venga a conoscenza della presentazione del ricorso, possa intervenire nella procedura e addurre prove a sua difesa: le norme del Codice di rito prevedono, nella fase sommaria, la mancata instaurazione del contraddittorio ma non pongono, in capo  al debitore, il divieto di interloquire (in tal senso si è pronunciato il Tribunale di Bari in data 21/3/1990 ed il provvedimento è pubblicato su  “Il Foro Italiano” 1991, parte prima pagina 1270). 
Una limitata attività istruttoria, o meglio un limitato potere d’impulso sul piano probatorio è previsto dall’articolo 640 che al primo comma consente al giudice che ritiene  “ingiustificata la domanda” di invitare il creditore ad integrare la prova.
Occorre infine rilevare, sul piano generale, l’introduzione, nell’articolo 641 (ad opera dell’articolo 9 comma 2 lettera a) del D. L.vo 9/10/2002 numero 231) del termine, per l’emissione del decreto ingiuntivo, di trenta giorni dal deposito del ricorso.
Lo stesso Decreto Legislativo, abrogando l’ultimo comma dell’articolo 633 e modificando l’articolo 641 consente l’emissione, con opportuni termini per la notifica, di decreti ingiuntivi da notificarsi all’estero.
 


L’oggetto del ricorso

L’utilizzazione del procedimento monitorio è consentito a fronte di un diritto di credito avente ad oggetto il pagamento di una somma di denaro ovvero la consegna di una determinata quantità di cose fungibili o di una cosa mobile determinata e quindi di qualsiasi prestazione di dare che costituisca il contenuto di un rapporto obbligatorio: al di fuori di tali ipotesi, il ricorso alla procedura monitoria è inammissibile.
Il credito avente ad oggetto una somma di denaro deve essere liquido, come recita l’articolo 633 comma 1 e cioè determinato nel suo ammontare sulla base di unasemplice operazione aritmetica ed esigibile nel senso che deve essere scaduto il termine previsto per l’adempimento; in particolare e con specifico riguardo anche all’elemento della prova scritta, la sussistenza del credito, la sua determinazione quantitativa e le sue condizioni di esigibilità devono essere desumibili, sulla base di parametri obiettivi, dal contenuto dei documenti prodotti con il ricorso.
Non può certamente considerarsi liquido ed esigibile il credito in ipotesi derivante da una risoluzione di contratto per inadempimento che richiede una pronuncia costitutiva della risoluzione medesima.
Sarebbe teoricamente ammissibile l’ingiunzione riguardante somme dovute a titolo di caparra o di clausola penale,  ovvero a seguito di attivazione di una clausola risolutiva espressa, ferma la necessità che si dia prova scritta di tutti gli elementi posti a fondamento della domanda. Nel caso specifico della clausola penale si pone il problema della norma di cui all’articolo 1384 del Codice Civile che è applicabile d’ufficio (Cass. 24/9/1999 numero 10511 e Cass. 23/5/2003 numero 8188) ed in relazione alla quale il giudizio di equità potrebbe non essere concretamente ipotizzabile in assenza del contraddittorio.
Il requisito della esigibilità deve ritenersi implicitamente previsto dal secondo comma dell’articolo 633 che consente l’attivazione della procedura monitoria anche nel caso in cui il diritto del creditore dipenda da una controprestazione ovvero dall’avverarsi di una condizione, purché si offrano elementi tali da far presumere l’avvenuto adempimento della controprestazione ovvero l’avveramento della condizione.
Altra questione riguardante l’esigibilità del credito è quella relativa alla decadenza dal beneficio del termine prevista dall’articolo 1186 del Codice Civile, norma questa che si ritiene, in giurisprudenza, applicabile alla procedura monitoria purché, ovviamente, il creditore dia prova scritta di una delle circostanze previste dalla legge, con la precisazione che per stato di insolvenza si intende una situazione di dissesto economico che renda verosimile l’impossibilità, da parte del debitore, di far fronte alle proprie obbligazioni.
Vengono, nella pratica, invocate clausole contrattuali che prevedono, nel caso di rateizzazione del prezzo, la decadenza dal beneficio del termine a seguito del mancato pagamento di una o più delle rate previste: occorre rilevare, sul punto, come nell’ipotesi di condizioni generali di contratto occorra che la clausola in questione sia stata specificamente approvata per iscritto, ai sensi dell’articolo 1341 del Codice Civile.
Il requisito della liquidità del credito e quindi della necessaria predeterminazione dell’importo azionato ha portato la giurisprudenza ormai unanime, dopo orientamenti contrastanti composti dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione numero 2368 del 5 aprile 1986 a ritenere non riconoscibile in sede monitoria il danno da svalutazione monetaria. I fautori dell’ammissibilità di tale specifica domanda riconducevano la svalutazione monetaria nell’ambito del fatto notorio, sulla base degli indici ISTAT (Cass. 23/12/1997 numero 13006) ma la giurisprudenza più attenta e ormai consolidata ha ritenuto di valorizzare, per l’interpretazione contraria, i criteri di personalizzazione del danno (in tal senso, Cass. 15/2/1990 numero 1133) che sono di per sé inapplicabili in sede sommaria (recentemente, la sentenza della Suprema Corte numero 17396  del  17/11/2003 ha ribadito tale indirizzo, ritenendo  “crediti in un certo senso indicizzati, per effetto delle disposizioni di cui agli articoli 429 del Codice di rito e 152 delle Disposizioni di Attuazione dello stesso Codice”, solo i crediti di lavoro, ed escludendo, negli altri casi, la riconoscibilità della rivalutazione monetaria in sede monitoria).
Il danno da svalutazione monetaria potrà costituire oggetto di domanda accessoria da proporsi nell’ambito del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo.
Tenuto conto dell’oggetto della tutela così come espressamente indicato dall’articolo 633 comma 1 è evidente che il procedimento per decreto non può essere attivato sulla base di un diritto reale e cioè, ad esempio, per esperire un’azione di rivendica ovvero per conseguire il rilascio di un bene immobile o per ottenere l’esecuzione di un obbligo di fare o non fare.
Si rinvengono, comunque, in giurisprudenza, pronunce di segno diverso, riguardanti cioè documenti che non possono essere oggetto della semplice consegna in quanto richiedono un’attività di elaborazione: ordine all’INPS di rilasciare un estratto conto con i dati retributivi e contributivi di un lavoratore (Pretura di Bari del 27/11/1996); ordine ad un istituto di credito di consegnare al curatore fallimentare copia degli estratti conto relativi ai rapporti intrattenuti con un soggetto fallito (Tribunale di Milano del 21/6/1996).
E’ stata altresì ritenuta legittima dalla Corte di Cassazione l’ingiunzione avente ad oggetto la consegna della chiave di accesso ad un immobile (sentenza numero 567 del 25 gennaio 1979) anche se per espresso dettato normativo (articolo 608 comma 2 del Codice di procedura Civile) la consegna delle chiavi è una delle modalità espressamente previste dal Legislatore per la consegna di un bene immobile, e la consegna di un bene immobile è implicitamente esclusa, ai sensi dell’articolo 633 comma 1 del Codice di rito, dalla tutela sommaria.
Interessante, sul punto, è la pronuncia della Suprema Corte numero 3690 del 18/11/1974  che, sulla base dell’inammissibilità della domanda, proposta nella forma del ricorso per ingiunzione, con la quale era stata esercitata un’azione di rivendicazione avente per oggetto una cosa mobile determinata, ha ritenuto l’irrituale instaurazione e l’irrituale svolgimento del processo di primo grado (e quindi anche della fase a cognizione ordinaria aperta con l’opposizione) statuendo che il giudice dell’opposizione, rilevata, anche d’ufficio, l’inammissibilità del ricorso nel senso indicato, avrebbe dovuto limitarsi a revocare il decreto ingiuntivo senza procedere ulteriormente all’esame della domanda nel merito. 
Un’ultima notazione in punto di oggetto dell’ingiunzione riguarda la norma di cui all’articolo 639 che prescrive al ricorrente per consegna di una determinata quantità di cose fungibili, di indicare la somma che è disponibile ad accettare, in mancanza della prestazione in natura, a definitiva liberazione dell’altra parte: per quanto la norma usi la locuzione  “il ricorrente deve dichiarare”, la giurisprudenza prevalente ritiene che tale indicazione non costituisca requisito di ammissibilità della domanda, ma semplice facoltà del creditore che in caso di omessa indicazione di tale somma potrà procedere esclusivamente all’esecuzione per consegna (della cosa oggetto della domanda) e non a quella per espropriazione (della somma corrispondente al valore della cosa). Il giudice del monitorio è chiamato, in questa ipotesi, ad un controllo sulla congruità della somma indicata dal creditore.
I  numeri 2 e 3 del primo comma dell’articolo 633 del Codice di Procedura Civile riguardano i crediti professionali e prevedono la pronuncia di decreto ingiuntivo nell’ipotesi di  credito riguardante onorari e spese per prestazioni giudiziali e stragiudiziali di Avvocati e di altri soggetti che hanno prestato la loro opera in occasione di un processo, ovvero di credito riguardante diritti e rimborsi spettanti ai Notai oppure ad altri esercenti una libera professione o arte per la quale esiste una tariffa legalmente approvata.
Si è ritenuto in qualche pronuncia di merito, che nell’ipotesi in cui sia prevista l’iscrizione all’albo quale presupposto per l’esercizio della professione, è necessario che si dia prova, in sede di richiesta di provvedimento monitorio, dell’effettiva iscrizione all’albo medesimo.
L’esplicito riferimento alle tariffe legalmente approvate va posto in relazione con i requisiti di liquidità ed esigibilità del credito nel senso che tali requisiti possono ritenersi sussistenti nell’ipotesi di predeterminazione tariffaria del compenso.
 


La prova scritta

Il requisito della prova scritta del credito è certamente di fondamentale importanza nella ricostruzione e nell’esame della normativa relativa al procedimento monitorio, posto che investe questioni attinenti alla ratio del sistema, ovvero alla sussistenza dei presupposti dell’alta probabilità di esistenza del credito azionato e della possibilità di un rapido riscontro della fondatezza della domanda.
L’espresso riferimento alla  “prova” contenuto nell’articolo 633 comma 1 numero 1 (“se del diritto fatto valere si dà prova scritta”) lascia chiaramente intendere che il giudice non deve limitarsi ad un mero riscontro formale della scrittura, ma deve effettuare un vero e proprio giudizio di idoneità del documento a rappresentare il fatto costitutivo della domanda.
E’ certo che nel procedimento monitorio la prova scritta può essere costituita da qualsiasi documento, anche se privo dell’efficacia probatoria assoluta prevista dagli articoli 2700 e 2702 del Codice Civile ed anche se non costituisce piena prova dell’esistenza del diritto azionato, tant’è che il creditore può integrare, con efficacia retroattiva,  nell’eventuale successivo giudizio di opposizione, la prova fornita nella fase sommaria (in tal senso: Cass. 25/3/1971 numero 845; Cass. 20/6/1983 numero 4234 e Cass. 9/10/2000 numero 13429).
La prima questione che si pone è quella dell’autenticità della scrittura e cioè della corrispondenza tra sottoscrittore apparente e sottoscrittore effettivo del documento.
Per la scrittura privata non autenticata o non accertata giudizialmente, la mancanza del contraddittorio non consente l’utilizzazione dei meccanismi processuali previsti dagli articoli 214 (mancato disconoscimento) e 215 (riconoscimento tacito) del Codice di Procedura Civile. Sarà quindi il prudente apprezzamento del giudice, effettuato sulla base delle regole di comune esperienza, a verificare la portata probatoria di una scrittura privata non autenticata (si pensi al caso, classico, della firma illeggibile ovvero non riferibile oggettivamente al soggetto indicato come debitore).
Il documento, per essere considerato fonte di prova di un credito, deve contenere un qualche elemento concreto riferibile al credito stesso. Sotto tale profilo è stata ritenuta sufficiente la prova indiretta, che ricorre nell’ipotesi in cui il fatto rappresentato documentalmente e quindi certo, sia idoneo a dimostrare in via induttiva e presuntiva i fatti costitutivi del diritto del ricorrente ed è stato altresì ritenuto sufficiente il documento proveniente da un terzo (in tal senso, Cass. 9/10/2000 numero 13429). 
Con specifico riferimento alla prova scritta proveniente da terzi ed in astratto sufficiente a supportare un ricorso per decreto ingiuntivo, la Corte di Cassazione ha ritenuto idonea a dimostrare il credito vantato nei confronti di una società in accomandita semplice, una bolla di consegna di merce sottoscritta dal socio accomandante della società stessa (Cass. 8/5/1976 numero 1625); con altra pronuncia, ha ritenuto idoneo a costituire fondamento per un provvedimento monitorio un testamento pubblico con il quale il de cuius aveva imposto al suo erede l’obbligo di versare all’istituto che lo aveva ospitato in vita, l’indennità di accompagnamento cui il testatore aveva diritto e che era stata riscossa dall’erede dopo la sua morte (Cass. 12/7/2000 numero 9232).
Può affermarsi, in generale, sul punto, che il Legislatore abbia inteso perseguire l’obiettivo della pronta attuazione del  diritto del ricorrente da una parte utilizzando il principio del libero convincimento del giudice previsto dall’articolo 116 del Codice di Procedura Civile (articolo 633 comma 1 numero 1) e dall’altra indicando delle specifiche ipotesi di scritture per le quali la valutazione dell’efficacia probatoria è predeterminata dalla Legge (articolo 633 comma 1 numeri 2 e 3 nonché articolo 634).
Trattasi, in particolare, delle seguenti ipotesi:

ESTRATTI  AUTENTICI  DELLE  SCRITTURE  CONTABILI DI CUI  AGLI  ARTICOLI 2214  E  SEGUENTI  DEL  CODICE  CIVILE, nonché ESTRATTI AUTENTICI DELLE SCRITTURE CONTABILI PRESCRITTE DALLE LEGGI TRIBUTARIE previsti dall’articolo 634 comma 2 purché, le prime, “bollate, vidimate e regolarmente tenute”, e le altre  “tenute con l’osservanza delle norme stabilite per tali scritture” e con riferimento, per entrambe le categorie di documenti, alle somministrazioni di merci e di denaro nonché alle prestazioni di servizi. Tali documenti costituiscono prova scritta (del credito dell’imprenditore) anche nei confronti di persone che non esercitano attività commerciale, e ciò in deroga alla norma di cui all’articolo 2710 del Codice Civile che prevede l’efficacia probatoria dei libri contabili solo nei rapporti tra imprenditori: l’articolo 634 del Codice di Procedura Civile costituisce, quindi, norma speciale rispetto a quella di cui all’articolo 2710 citato. L’esplicito riferimento alla prestazione di servizi è stato introdotto con la Legge 432 del 1995 che ha recepito un orientamento che andava affermandosi nella giurisprudenza di merito.                                    Occorre rilevare, per completezza sul punto, come nel caso più comune dato dalle prestazioni oggetto di fatture, il documento con valenza probatoria privilegiata è l’estratto autentico delle scritture contabili o tributarie, fermo restando che la fattura in sé, eventualmente corredata di altra documentazione riguardante, ad esempio, il trasporto e la ricezione della merce, può costituire prova scritta in base alla norma generale di cui all’articolo 633. Restano, ovviamente, profili di dubbio sia perché la fattura è un documento formato dalla stessa parte che se ne avvale e si riferisce al momento esecutivo del contratto, sia perché non sempre il documento di consegna o trasporto (in ipotesi sottoscritto dall’intimato) indica la causale della consegna della merce, che potrebbe riferirsi ad ipotesi diversa dalla vendita. L’articolo 8 della Legge 18 ottobre 2001 numero 383 ha modificato sia l’articolo 2215 del Codice Civile, sia l’articolo 39 comma 1 del D.P.R. 26/10/1972 numero 633 (Legge I.V.A.) eliminando la vidimazione, tra l’altro, del registro delle fatture. Sono rimaste immutate le norme, espressamente richiamate nel testo di legge, di cui all’articolo 2219 del Codice Civile che prevede il rispetto dei canoni dell’ordinata contabilità, vieta gli spazi in bianco, le interlinee, i trasporti a margine e le abrasioni e disciplina le modalità delle cancellazioni. A norma dell’articolo 634 comma 2, gli estratti autentici dovrebbero contenere l’espressa precisazione che il registro è numerato progressivamente in ogni pagina e regolarmente tenuto.

CREDITI  DELLO STATO, DI  ENTI  PUBBLICI  E DELLE  BANCHE: l’articolo 635 attribuisce un’efficacia probatoria privilegiata a documenti che come quelli precedentemente esaminati provengono dalla stessa parte che li allega. L’articolo 50 del D.L.vo 1 settembre 1993 numero 385  “Testo Unico delle Leggi in Materia Bancaria e Creditizia” prevede espressamente che  “La Banca d’Italia e le banche possono chiedere il decreto d’ingiunzione previsto dall’articolo 635 del Codice di Procedura Civile anche in base all’estratto conto, certificato conforme alle scritture contabili da uno dei dirigenti della banca interessata, il quale deve altresì dichiarare che il credito è vero e liquido”.

CREDITI  PREVIDENZIALI: analoga efficacia è attribuita dall’articolo 635 comma 2 agli accertamenti eseguiti dall’ispettorato del lavoro (ora Direzione Provinciale o Regionale del Lavoro) o dai funzionari degli enti di previdenza e assistenza contributive; la competenza ad emettere il decreto è del giudice del lavoro ed il decreto medesimo può riguardare anche le sanzioni civili. La norma è stata sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale la quale, con la sentenza numero 376 del 4 novembre 1987, ha respinto l’eccezione di legittimità sul rilievo che l’emissione del decreto non si fonda sulla mera affermazione del ricorrente, ma sulle indagini comunque effettuate, in contraddittorio con il debitore, dai competenti organi amministrativi.

PARCELLE  PER  SPESE  E  PRESTAZIONI: l’articolo 636, con esplicito riferimento alle ipotesi di cui ai numeri 2 e 3 dell’articolo 633 di cui si è già detto, prescrive che la domanda sia  “accompagnata” dalla parcella delle spese e prestazioni, sottoscritta dal ricorrente e corredata del parere dell’associazione professionale. La Corte Costituzionale, con le sentenze numero 137 del  4 maggio 1984 e  34 del 19 gennaio 1988, ha affermato che il Consiglio dell’Ordine non deve limitarsi a fornire un mero parere di congruità in relazione alle voci di tariffa indicate dal professionista, ma deve estendere la sua indagine al “se” ed al “come” le prestazioni siano state effettuate. La giurisprudenza, anche di legittimità, ha ritenuto, nonostante le indicazioni della Corte Costituzionale, di considerare la parcella del professionista assistita da una presunzione di veridicità sul presupposto che l’iscrizione all’albo è, di per sé, garanzia della serietà del professionista (Cass. 30/1/1997 numero 932).                           Possono comunque ritenersi fermi, in tema di parcelle professionali, i seguenti principi: la parcella, che ha valore di prova privilegiata nella fase sommaria, non ha in sé valore probatorio nel successivo giudizio di opposizione (Cass. 30/7/2004 numero 14556) giudizio questo nel quale la determinazione del compenso al professionista deve seguire i criteri stabiliti dall’articolo 2233 del Codice Civile (Cass. 30/10/1996 numero 9514); il parere espresso sulla parcella dell’Avvocato dal competente organo professionale costituisce un mero controllo sulla rispondenza delle voci indicate a quelle previste dalla tariffa (Cass. 30/1/1997 numero 932).          

TELEGRAMMI: sono indicati, dall’articolo 634 comma 1, come  “prove scritte idonee a norma del numero 1 dell’articolo precedente, anche se non sottoscritti da colui che li invia” e ciò in deroga a quanto previsto dall’articolo 2705 del Codice Civile.

POLIZZE: indicate anche queste al primo comma dell’articolo 634 comma 1, riguardano la polizza di carico rilasciata dal vettore, la fede di deposito dei magazzini generali, la polizza dell’assicuratore ai fini della domanda di pagamento del premio o della rata scaduti nel termine semestrale di cui all’articolo 1984 del Codice Civile. 

PROMESSE  UNILATERALI  PER  SCRITTURA  PRIVATA: sono previste al comma 1 dell’articolo 634; l’ipotesi più interessante è quella dei concorsi pubblici a premi, nei quali la prestazione promessa a favore del vincitore può trarre origine dalla stessa dichiarazione del promittente, dichiarazione questa che, se redatta per iscritto, è prova valida ai fini dell’ingiunzione; altro caso esemplificativo potrebbe essere quello del verbale notarile di estrazione a sorte dei premi di un concorso.

DELIBERAZIONI  DELL’ASSEMBLEA  CONDOMINIALE: come previsto dall’articolo 63 delle Disposizioni di Attuazione del Codice Civile, per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea del condominio. Trattasi delle spese condominiali in genere, contemplate nell’articolo 1123 del Codice Civile (Cass. 25/6/2001 numero 8676); la norma riguarda un’ipotesi di prova scritta del credito non proveniente dal debitore e richiede l’approvazione del bilancio, sia esso preventivo o consuntivo, da parte dell’assemblea (Cass. 8/3/2001 numero 3435); è stato ritenuto idoneo, come prova scritta, al solo fine di ottenere l’ingiunzione, il verbale di un’assemblea condominiale contenente l’indicazione delle spese deliberate sul presupposto che l’approvazione dello stato di ripartizione è necessario per l’ulteriore fine di ottenere la clausola di provvisoria esecutività del decreto (Cass. 21/11/2000 numero 15017 e Cass. 29/3/2001 numero 4638)

Ipotesi particolari di prova scritta devono ritenersi i titoli di credito ed i provvedimenti giurisdizionali.
I titoli di credito, ed in particolare la cambiale e l’assegno, sono richiamati, ai fini dell’autorizzazione alla provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, dall’articolo 642. Tali documenti rientrano nella previsione normativa di carattere generale del numero 1 dell’articolo 633 con la precisazione che se sono privi dei requisiti formali prescritti dalla legge possono valere come promesse di pagamento ed in questo caso assumono efficacia probatoria solo nei rapporti tra l’emittente ed il prenditore del titolo, ovvero tra il giratario ed il proprio girante: solo tra queste coppie di soggetti può infatti concretamente configurarsi una promessa di pagamento.
I provvedimenti giurisdizionali, ed in particolare le sentenza di condanna, non possono, in generale, costituire il presupposto per l’emissione di un decreto ingiuntivo: stante l’esecutività anche della sentenza di condanna non ancora passata in giudicato, il ricorrente incorrerebbe nel divieto del bis in idem e comunque, essendo già in possesso di un titolo esecutivo non avrebbe interesse all’emissione del decreto ingiuntivo; nel caso di sospensione dell’esecutività, invece, si verificherebbe un’ipotesi di litispendenza.
La condanna generica non è stata ritenuta idonea a costituire prova scritta del credito in sede monitoria; si è però affermato in giurisprudenza (Cass. 13/4/1993 numero 4368 e Cass. 4/6/2003 numero 8915) che tale sentenza è utilizzabile come prova scritta ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo nell’ipotesi in cui l’ammontare del credito possa essere desunto da un diverso documento.
Un’ipotesi particolare di prova scritta basata, anche se non esclusivamente, su una sentenza di accertamento è quella recentemente indicata dalla Corte di Cassazione (sentenza numero 577 del 13/1/2005) che ha dichiarato idonea allo scopo una sentenza di determinazione dell’equo canone nel senso di ritenere legittimo il decreto ingiuntivo emesso per la differenza tra quanto pagato (e documentato) e quanto dovuto sulla base delle sentenza di accertamento.
Si è ritenuta infine ammissibile l’instaurazione di un procedimento monitorio sulla base di un lodo arbitrale irrituale (Cass. 28/9/1988 numero 5260 e Cass. 9/7/1989 numero 3246).
 


La competenza ad emettere il decreto ingiuntivo

La regola generale è dettata dal primo comma dell’articolo 637: la competenza ad emettere il decreto ingiuntivo spetta al giudice che sarebbe competente per la domanda proposta in via ordinaria. Sulla base di tale espresso richiamo normativo si ritiene, comunemente, che trovino applicazione anche nel procedimento monitorio tutte le regole dettate dal Codice di rito sulla competenza ed in  particolare l’articolo 38 del Codice di Procedura Civile per cui l’incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio prevista dall’articolo 28 del Codice di rito sono le uniche rilevabili d’ufficio anche nella fase sommaria.
Ci si è chiesti, in dottrina, anche sulla base di alcune pronunce di merito e di ordinanze che hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale (degli articoli 637 e 38 in relazione all’articolo 25 della Costituzione) se le norme sulla competenza dettate per il giudizio ordinario siano acriticamente e pedissequamente applicabili al procedimento monitorio, nel senso della non rilevabilità d’ufficio al di fuori delle ipotesi di cui all’articolo 38.
In particolare (per limitarci alle affermazioni contenute nella giurisprudenza che, sul punto, è solo di merito e nettamente minoritaria) il Pretore di Carrara, in un caso di palese incompetenza territoriale, dopo aver invitato il ricorrente (ai sensi dell’articolo 640 comma 1) a precisare le ragioni per cui avesse ritenuto sussistente la competenza del giudice adito e ricevuto, in riposta, il deposito di sentenze nelle quali si affermava la non rilevabilità d’ufficio, in sede monitoria, della incompetenza per territorio derogabile, con decreto emesso ai sensi del secondo comma dello steso articolo 640 in data 18/4/1996, ha rigettato la domanda asserendo che  “…nel procedimento a contraddittorio posticipato quale è quello per decreto ingiuntivo, il rilievo dell’incompetenza per territorio, ancorché derogabile, non può essere lasciato all’iniziativa della controparte, poiché per il giudizio monitorio non opera il principio della translatio iudicii e l’incompetenza del giudice adito comporta la reiezione della domanda…non potendosi certo ipotizzare una consapevole acquiescenza del magistrato, tenuto al rispetto della legge, ad iniziative idonee a rendere più gravosa la difesa dell’intimato e quindi contraria al dovere di lealtà e probità di cui all’articolo 88 del Codice di Procedura Civile”.   
Con riferimento al giudizio ordinario, la Corte Costituzionale ha già avuto modo di precisare  (sentenza 28 novembre 1986 numero 251 e sentenza 14 dicembre 1993 numero 434) che la mancata costituzione del convenuto citato innanzi ad un giudice territorialmente incompetente non può interpretarsi come implicita contestazione della competenza del giudice adito, per cui nel giudizio ordinario il convenuto può sempre essere citato innanzi ad un giudice incompetente per territorio, lasciandosi alla sua disponibilità l’alternativa tra la contestazione della competenza e la formazione di un accordo, eventualmente per facta concludentia, sulla competenza derogabile.
Nel procedimento per decreto ingiuntivo la questione si pone in termini diversi, posto che ad esito della fase sommaria e priva di contraddittorio, il debitore può subire l’emanazione di un provvedimento di condanna, in ipotesi immediatamente esecutivo (i presupposti per la concessione della provvisoria immediata esecutività sono infatti svincolati dalla questione relativa alla competenza) senza aver avuto neanche la possibilità teorica di contestare la competenza del giudice adito ovvero di acconsentire ad una deroga alla regola generale sulla competenza.
In realtà, il meccanismo dell’articolo 38, pensato per l’ordinario giudizio di cognizione, a contraddittorio preventivo rispetto a qualsiasi pronuncia tanto sulla competenza quanto sul merito, è dubbio che possa essere fondatamente richiamato anche con riferimento al procedimento sommario di ingiunzione che è un procedimento a contraddittorio eventuale e differito.
Mi piace ricordare, per concludere sul punto, che Salvatore Satta nel suo Commentario al Codice di Procedura Civile del 1968 affermava  che  “…nel procedimento sommario la competenza agisce da condizione di ammissibilità e pertanto il giudice non ha limiti nei poteri dispositivi delle parti…”, con ciò ipotizzando la possibilità, negata dalla giurisprudenza di legittimità, che il giudice rilevi d’ufficio la propria incompetenza territoriale già nella fase sommaria.         
In ordine alla competenza territoriale assume rilievo, in via generale, il Foro del convenuto debitore ai sensi degli articoli 18 e 19 del Codice di Procedura Civile; concorrono con tale Foro i Fori facoltativi di cui all’articolo 20 e cioè il luogo in cui l’obbligazione è sorta (Forum contractus) e il luogo in cui l’obbligazione deve eseguirsi (Forum solutionis). Vanno tenute presenti, a tale proposito, le norme di cui agli articoli 1182 comma 3 (in via generale) e 1498 comma 3 (in tema di vendita) che indicano il luogo di adempimento dell’obbligazione pecuniaria nel domicilio del creditore.
Regole particolari riguardanti i Fori alternativi sono previste dall’articolo 637 per i crediti di Avvocati e Notai: i primi possono rivolgersi anche all’ufficio giudiziario che ha deciso la causa alla quale si riferisce il credito azionato; i Notai possono chiedere il provvedimento monitorio al giudice del luogo in cui si trova il loro ufficio; entrambe le categorie professionali godono altresì della possibilità di adire l’Autorità Giudiziaria del luogo in cui ha sede, rispettivamente, l’Associazione Professionale e il Consiglio Notarile di riferimento.
Si applica anche al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo la regola dettata dall’articolo 38 del Codice di rito, in base al quale l’incompetenza per territorio derogabile va eccepita con la comparsa di riposta, che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo coincide con l’atto di opposizione.
Con riguardo alla competenza per valore occorre fare riferimento alla data del deposito del ricorso che costituisce il momento in cui è proposta la domanda: ai fini della determinazione del valore della causa, quindi, al capitale vanno sommati gli interessi maturati sino a quella data.
L’ipotesi di arbitrato libero o irrituale, dà luogo ad una questione di proponibilità dell’azione (e non di competenza) che non può essere rilevata d’ufficio (Cass. 10/4/1990 numero 2987 e Cass. 23/2/1987 numero 1909).
La presenza di una clausola di arbitrato rituale, che riguarda una questione di competenza di carattere relativo e quindi derogabile, consente comunque di proporre il ricorso monitorio (Cass. 18/2/1986 numero 365).
La pendenza di un giudizio ordinario di cognizione, promosso dal debitore per ottenere l’accertamento negativo del credito vantato dalla controparte non osta a che il creditore possa chiedere ed ottenere dallo stesso giudice un decreto ingiuntivo per quel medesimo credito in quanto, ai sensi dell’articolo 643 è la notificazione del decreto a determinare la pendenza della lite, per cui non è ipotizzabile la litispendenza all’atto della proposizione del ricorso.
 
 

Integrazione della prova, rigetto ed accoglimento della domanda    

Nella fase sommaria il giudice del monitorio ha il potere di supplire alla carente produzione documentale del ricorrente invitandolo alle necessarie integrazioni ovvero quello di chiedere chiarimenti in ordine alla documentazione prodotta, e ciò in base alla previsione di cui all’articolo 640 primo comma. La norma nulla dice in ordine alla forma dell’invito, che comunque dovrà essere redatto per iscritto (anche a margine del ricorso o sulla copertina del fascicolo) e datato, soprattutto con riferimento alla norma introdotta con il D. L.vo 231/2002 che prevede un termine per l’emissione del decreto ingiuntivo.
Il secondo ed il terzo comma dell’articolo 640 disciplinano le ipotesi di rigetto della domanda, rigetto questo previsto nel caso in cui il ricorrente non risponda all’invito di integrare la prova, ovvero, come pleonasticamente indicato dal Legislatore, se la domanda non è accoglibile, il che può avvenire, ovviamente, sia per motivi di merito che di rito.
La norma precisa che il decreto di rigetto deve essere motivato e di regola esso è steso in calce al ricorso, ai sensi dell’articolo 135 comma 2 del Codice di Procedura Civile.
Il decreto di rigetto non pregiudica, ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 640, la possibilità di riproporre la domanda; la ratio della norma è intuitiva, e sul piano sistematico si è precisato che il rigetto per motivi di rito ha carattere processuale e quello fondato su ragioni di merito ha, comunque, contenuto processuale.
E’ pacifico che tale decreto non è impugnabile (Cass. 9/12/1993 numero 12138) in quanto inidoneo al giudicato.
Il decreto che accoglie il ricorso contiene l’ingiunzione di pagamento o di consegna, la liquidazione delle spese e l’indicazione del termine per il pagamento o per l’opposizione, che, normalmente, è di quaranta giorni e che, ai sensi del secondo comma dell’articolo 641, in presenza di giusti motivi, può essere ridotto sino a dieci ovvero aumentato sino a sessanta.
L’ingiunzione può essere accolta parzialmente e la notificazione del decreto, in questo caso, non determina acquiescenza al provvedimento e conseguente rinuncia al residuo, posto che essa tende esclusivamente ad impedire la caducazione del decreto per la parte di domanda che ha formato oggetto dell’ingiunzione. 
Con la modifica apportata dall’articolo 9 del D.L.vo 231/2002 al secondo comma dell’articolo 641, è consentita l’emissione del decreto ingiuntivo nell’ipotesi in cui l’intimato risieda all’estero, con la sola diversificazione del termine per il pagamento o l’opposizione.

 

 
L’autorizzazione alla provvisoria esecuzione del decreto

Una delibazione certamente delicata che il giudice è chiamato a compiere già nella fase monitoria, una volta ritenuta la sussistenza della prova scritta del credito azionato, è quella relativa alla sussistenza dei presupposti per l’autorizzazione alla provvisoria esecuzione del decreto, ai sensi dell’articolo 642.
Occorre distinguere due ipotesi: la prima, che è vincolata, è quella indicata nel primo comma dell’articolo e dipende dalla qualità della prova scritta fornita, riguardando i crediti fondati su assegno, cambiale, certificato di liquidazione di borsa e atti ricevuti da notaio o da latro pubblico ufficiale  a ciò autorizzato.
Si è ritenuto in giurisprudenza che l’elencazione, pur se  “di stretta interpretazione” (Cass. 20/7/1965 numero 1647) non sia tassativa (lettura questa non seguita dalla dottrina) dovendosi ampliare la portata della norma per ricomprendervi gli atti che abbiano caratteristiche sostanziali analoghe o addirittura identiche a quelle dei titoli elencati nella norma. Si è ritenuto, in particolare, che la provvisoria esecutività possa basarsi su una sentenza che contenga una statuizione di condanna nella sola motivazione e non nel dispositivo: il caso è quello di pronuncia di revocatoria fallimentare priva, nel dispositivo, della condanna alla restituzione dei pagamenti eseguiti, condanna questa indicata in motivazione.
E’ controversa l’applicabilità della norma in esame nell’ipotesi di assegno per il quale l’azione di regresso si sia prescritta (termine di sei mesi ai sensi dell’articolo 75 della Legge 21/12/1933 numero 1736) e, analogamente, di cambiale per la quale si sia prescritta l’azione cambiaria (tre anni ai sensi dell’articolo 94 del R.D. 5/12/1933 numero 1669). Si è sostenuto, infatti, che la prescrizione non è rilevabile d’ufficio, per cui il giudice non dovrebbe tenerne conto; d’altra parte occorre anche considerare che la particolare valenza probatoria del titolo è svilita nell’ipotesi di intervenuta prescrizione.
Una recente pronuncia della Corte di Cassazione (sentenza numero 12388 del 19/9/2000) ha ritenuto legittima l’emissione di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ai sensi dell’articolo 642 comma 1 sulla base della produzione di una fotocopia del titolo. L’assunto non sembra condivisibile, tanto più che nell’ipotesi di proposizione dell’azione causale (quindi nei rapporti tra il prenditore ed il traente ovvero tra il giratario ed il proprio girante) il portatore non può agire se non depositando il titolo ed in tal modo offrendolo in restituzione al debitore, ai sensi dell’articolo 66 comma 3 della Legge Cambiaria (R.D. 5 dicembre 1933 numero 1669).       
Altra ipotesi di provvisoria esecutività vincolata, della quale, peraltro si è già parlato, è quella prevista dall’articolo 63 comma 1 delle Disposizioni di Attuazione del Codice Civile, per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea condominiale.
Ai sensi del secondo comma dell’articolo 642, la provvisoria esecutività del decreto può essere concessa, con valutazione discrezionale del giudice, se vi è  “grave pericolo nel ritardo”, in presenza, cioè, di una situazione di dissesto, ovvero di una situazione patrimoniale del debitore tale da potersi ritenere seriamente minacciata l’aspettativa del ricorrente di vedere realizzata la pretesa creditoria.
 


La notificazione del decreto

Il decreto ingiuntivo può acquistare efficacia di cosa giudicata solo se portato formalmente a conoscenza dell’ingiunto; l’articolo 644 statuisce infatti che il decreto diventa inefficace se la notificazione non viene eseguita nel termine di sessanta giorni dalla pronuncia, ove per  “pronuncia” deve intendersi non la data del provvedimento, ma quella del deposito in cancelleria. Nell’ipotesi di inefficacia conseguente all’omessa notificazione, per espressa previsione dell’ultima parte dell’articolo 644, la domanda può essere riproposta.
Il termine per la notifica rimane sospeso nel periodo feriale.
L’articolo 188 delle Disposizioni di Attuazione del Codice di Procedura Civile prevede che  “la parte alla quale non è stato notificato il decreto d’ingiunzione nei termini di cui all’articolo 644…può chiedere, con ricorso al giudice che ha pronunciato il decreto, che ne dichiari l’inefficacia”.
Con riguardo alla notificazione possono quindi realizzarsi le seguenti ipotesi:

omessa notifica: il debitore potrà attivare la procedura di cui all’articolo 188 citato per far dichiarare l’inefficacia del provvedimento e ne avrà interesse se il decreto è provvisoriamente esecutivo;

notifica effettuata oltre il termine di legge: l’inefficacia può essere fatta valere solo con l’opposizione ordinaria (proposta ai sensi dell’articolo 645); ad esito del giudizio, il giudice, che dovrà comunque pronunciarsi sul merito della pretesa fatta valere con il ricorso per ingiunzione, dichiarerà inefficace il decreto con la conseguenza che le spese dell’atto rimarranno a carico del creditore;

notifica nulla: l’intimato potrà proporre opposizione tardiva (oltre il termine fissato nel decreto) ai sensi dell’articolo 650 che richiede la prova di non avere avuto tempestiva conoscenza del decreto “per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore” (in tal senso, Cass. 26/7/2001 numero 10183); tale opposizione non può più proporsi, ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 650, “decorsi dieci giorni dal primo atto di esecuzione”;

notifica inesistente: può ipotizzarsi nel caso di notificazione in luogo ed a persona non riferibili al debitore (Cass. 1/6/2004 numero 10495) e sembrerebbe legittimare i rimedi previsti dagli articoli 188 (Disp. Att.) e 650 citati ma non l’opposizione ordinaria prevista dall’articolo 645 che presuppone la notifica del decreto.

Con la modifica apportata dal D. L.vo 9 ottobre 2002 numero 231 che ha abrogato l’ultimo comma dell’articolo 633, è possibile l’emissione del decreto ingiuntivo anche nell’ipotesi in cui la notificazione all’intimato deve avvenire al di fuori del territorio della Repubblica. L’eventuale residenza all’estero dell’ingiunto rileverà, ai sensi del secondo comma dell’articolo 641 come modificato dall’articolo 9 del D. L.vo 231/2002 citato, con riguardo al termine previsto per proporre opposizione: cinquanta giorni riducibili sino a venti per gli stati dell’Unione Europea e sessanta giorni riducibili a trenta e prolungabili a centoventi per gli altri Stati.  
Le modalità di notificazione del decreto sono regolate dall’articolo 643 sul modello della notificazione della sentenza (articolo 285) con la precisazione che essa avviene a norma degli articoli 137 e seguenti, cioè al debitore personalmente in quanto manca il contraddittorio. Il ricorso e il decreto costituiscono un unico atto, inscindibile sia formalmente che sostanzialmente, anche perché la motivazione del decreto è contenuta (per relationem) nel ricorso.
L’ultimo comma dell’articolo 643 precisa che  “la notificazione determina la pendenza della lite”.
L’articolo 654 esclude espressamente l’operatività, nel caso di decreto ingiuntivo, della norma di cui all’articolo 479 (che prescrive la notifica del titolo esecutivo e del precetto prima dell’inizio dell’esecuzione forzata): non occorrerà notificare nuovamente il decreto una volta che sia stato dichiarato esecutivo, ma nel precetto dovrà farsi menzione del provvedimento che ha disposto l’esecutorietà e dell’avvenuta apposizione della formula.
Una fattispecie particolare è quella del decreto ingiuntivo emesso nei confronti di un soggetto deceduto al momento della pronuncia: in tale ipotesi il decreto è inesistente e gli eredi ai quali il provvedimento sia stato notificato collettivamente e impersonalmente potranno dedurre l’inesistenza del titolo esecutivo con l’opposizione all’esecuzione senza necessità di dover ricorrere ad un’opposizione tardiva (Cass. 12/8/1992 numero 9526).

Si è discusso, sia in dottrina che in giurisprudenza, dell’applicabilità della norma di cui all’articolo 184 bis del Codice di rito al procedimento per decreto, posto che alcuni giudici di merito hanno ritenuto di poter rimettere in termini, per la notificazione del decreto, il ricorrente che dimostri di non aver potuto rispettare il termine per causa a lui non imputabile: l’ipotesi classica è quella del trasferimento di residenza dell’intimato.

La questione si è posta in quanto è certamente inapplicabile al procedimento per decreto l’articolo 154 del Codice di Procedura Civile, che riguarda la prorogabilità dei termini ordinatori: la norma è riferibile, per espressa previsione legislativa, al  “… termine che non sia stabilito a pena di decadenza…”, mentre nel caso di specie ci troviamo di fronte ad un termine certamente perentorio, posto che la sua inosservanza determina, come abbiamo visto, l’inefficacia del decreto.

L’applicazione, sulla base di un’interpretazione estensiva, della norma di cui all’articolo 184 bis al procedimento per decreto appare improponibile.

L’istituto della remissione in termini è inserito nell’ambito delle regole di trattazione della causa dinanzi al Tribunale e la disciplina del decreto ingiuntivo non prevede rimedi nel caso di inefficacia conseguente alla decadenza per fatto non imputabile al creditore; la ratio della norma in esame appare incompatibile con il procedimento monitorio per cui si deve concludere nel senso dell’inapplicabilità dell’istituto della remissione in termini al procedimento per decreto ingiuntivo.
La questione è comunque destinata a svuotarsi di rilevanza pratica e ciò sulla base del più recente orientamento della Corte di Cassazione in ordine all’individuazione del momento in cui deve ritenersi perfezionata la notifica per il notificante con riguardo alla pendenza di un termine posto a carico del notificante medesimo: la Suprema Corte ha ritenuto, infatti, che la notifica, a tali fini, deve ritenersi eseguita con la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario (Cass. 10/11/2004 numero 21409).

 

 
Le nuove norme introdotte con il D.L.vo 23/10/2002 numero 231 

In base al combinato disposto degli articoli 1 comma 1 e 2 del  Decreto Legislativo 231/2002, le norme in esso contenute si applicano nell’ambito delle  “transazioni commerciali” intendendosi con tale espressione  “i contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro pagamento di un prezzo”; imprenditore, in quest’ambito, va qualificato, ai sensi della lettera c) dello stesso articolo 2  “…ogni soggetto esercente un’attività economica organizzata o una libera professione..”. Sono quindi escluse le  “transazioni” nei confronti di privati.    

L’articolo 9 ha apportato le seguenti modifiche agli articoli 633 – 641 e 648 del Codice di Procedura Civile: è indicato in trenta giorni dal deposito del ricorso il termine entro il quale deve essere emesso il decreto ingiuntivo; è espressamente prevista la possibilità di ricorrere al procedimento per ingiunzione anche nell’ipotesi in cui l’intimato risieda all’estero; viene espressamente consentito al giudice istruttore del giudizio di opposizione, di concedere  “l’esecuzione provvisoria” (sarebbe, forse, più corretto dire  “la provvisoria esecutività”) parziale del decreto ingiuntivo opposto limitatamente alle somme non contestate, salvo che l’opposizione sia proposta per vizi procedurali.

Un’importante innovazione riguarda il saggio e la decorrenza degli interessi moratori, previsti dagli articoli 4 e 5 del Decreto Legislativo in oggetto, “salvo diverso accordo tra le parti” (comma 1 dell’articolo 5) .

Trattasi di norme che si applicano, come già detto, ed unitamente alle altre contenute nel decreto, “…ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale…”, con le eccezioni indicate al comma 2 dello stesso articolo:

“debiti oggetto di procedure concorsuali”;

“pagamenti effettuati a titolo di risarcimento del danno” (che non sono, propriamente, “transazioni commerciali” come definite dall’articolo 2);

richieste di interessi inferiori a  5,00 Euro .

Il panorama dell’ambito di applicazione del provvedimento legislativo è completato dall’articolo 11 che recita testualmente “Le disposizioni del presente decreto non si applicano ai  “contratti conclusi” prima dell’8 agosto 2002.”
Le norme di carattere generale che presentano un qualche interesse con riferimento al decreto ingiuntivo sono quelle contenute negli articoli 4 e 5 che riguardano, come già detto, gli interessi moratori, da riconoscersi, come tali, se richiesti (stante la norma di cui all’articolo 5 comma 1 prima parte cui si è già fatto cenno) anche in sede monitoria.
L’articolo 1 statuisce che gli interessi decorrono  “automaticamente” dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento; il senso giuridico dell’avverbio “automaticamente” è chiarito dal successivo comma 2 che ne precisa la portata con la locuzione “senza che sia necessaria la costituzione in mora”.
Il termine di pagamento, specificamente indicato nei successivi capoversi del comma 2 per l’ipotesi che esso non sia stabilito nel contratto, e qualificato come  “legale”, ha la funzione di far decorrere gli interessi moratori pur in assenza di costituzione in mora.
Il sistema generale del Codice Civile prevede (articolo 1219 comma 1) la costituzione in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto ed afferma che non è necessaria l’intimazione (per cui il debitore è costituito in mora ex lege) quando il debitore ha dichiarato per iscritto di non voler eseguire l’obbligazione e quando è scaduto il termine per l’adempimento (comma 2 dello stesso articolo). La mora ha effetti sul rischio per  l’impossibilità sopravvenuta della prestazione e sul risarcimento del danno che nelle obbligazioni pecuniarie è dato, ai sensi dell’articolo 1224 del Codice Civile, dagli interessi al tasso legale, salvo il maggior danno, ovvero dalla corresponsione degli interessi moratori.
Nel sistema introdotto con le norme in commento, il termine di pagamento derivante dal contratto ovvero indicato dal Legislatore determina l’obbligo di corrispondere un certo tasso di interesse, anch’esso stabilito per legge, ma non incide sulla costituzione in mora, che continua ad essere regolata dalle norma generali. 
In altri termini: l’impianto generale del Codice Civile in tema di mora risulta modificato, con riguardo alle “transazioni commerciali”, solo in ordine al tasso degli interessi applicabili, che è predeterminato per legge, mentre resta invariato il regime del rischio previsto dall’articolo 1221; il termine legale di pagamento, introdotto, in mancanza di indicazione in tal senso nel contratto, dal Decreto Legislativo in esame, non vale a costituire in mora il debitore, ma ha il limitato effetto di far sorgere l’obbligo di corresponsione degli interessi moratori.
L’articolo  4 citato, al secondo comma afferma (implicitamente) che gli interessi moratori decorrono dalla data contrattualmente stabilita per il pagamento (ipotesi già prevista dall’articolo 1219 comma 2 numero 3 del Codice Civile); nell’ipotesi in cui il termine di pagamento non sia stato stabilito nel contratto (circostanza questa prevista dall’articolo 1183 del Codice Civile) indica un termine di trenta giorni che decorre dal verificarsi di una serie di circostanze previste in via alternativa (ricevimento della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente; ricevimento delle merci quando non è certa la data di ricevimento della fattura, etc.).
Con specifico riferimento al procedimento per decreto ingiuntivo, il ricorrente che chiede gli interessi moratori previsti dal Decreto Legislativo 231/2002 dovrà dare prova scritta del termine di adempimento previsto nel contratto su cui si fonda il credito azionato ovvero della data in cui si è verificata una delle circostanze previste nel secondo comma dell’articolo 4 citato. 
Gli interessi in questione sono moratori predeterminati per legge e vanno distinti (anche dal punto di vista lessicale) dagli interessi legali previsti dall’articolo 1284 del Codice Civile.
 


Cenni sul giudizio di opposizione

Tenuto conto dei limiti della presente relazione, si può qui solo accennare ad alcuni dei problemi più rilevanti sorti con riguardo al giudizio di opposizione. 
Il Codice di Procedura Civile riserva allo svolgimento del giudizio ordinario di opposizione esclusivamente le norme contenute nell’articolo 645 statuendo quanto segue:

l’opposizione si propone, con citazione, davanti all’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto;

la notifica al ricorrente va effettuata nei luoghi indicati nell’articolo 638 e cioè presso il procuratore ovvero, nel caso di costituzione senza il patrocinio del difensore (e quindi davanti al Giudice di Pace) presso la residenza ovvero il domicilio eletto nel comune dove ha sede l’ufficio giudiziario adito;

l’ufficiale giudiziario notifica l’atto di opposizione al cancelliere perché ne prenda nota sull’originale del decreto.

Il secondo comma dell’articolo 645 statuisce poi, semplicemente, che  “in seguito all’opposizione il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito; ma i termini di comparizione sono ridotti a metà”.
Nonostante l’uso dell’indicativo presente, la norma da ultimo citata è interpretata nel senso che la riduzione dei termini costituisce una facoltà per l’opponente, nel senso che questi è libero di avvalersi del termine abbreviato ovvero di quello ordinario.
In pratica, nell’ipotesi di abbreviazione dei termini, tra la notifica dell’atto di opposizione e la data dell’udienza di prima comparizione (articolo 180 del Codice) può intercorrere un termine inferiore a quello previsto dall’articolo 163 bis. Qualora l’attore opponente si avvalga della riduzione del termine, la conseguenza di tale scelta, sul piano processuale, sarà che si ridurrà anche per esso opponente il termine per la costituzione in giudizio.
Ancora in tema di opposizione e termini processuali è importante sottolineare come nel caso di decreto ingiuntivo emesso sulla base di un credito derivante da un rapporto di locazione l’opposizione possa essere proposta anche con atto di citazione (oltre che con ricorso). La giurisprudenza, sia di merito che di legittimità è assolutamente univoca nel ritenere la validità, nel caso di specie, dell’opposizione proposta con citazione ma a condizione che la stessa sia in ogni caso depositata, per l’iscrizione a ruolo, nella Cancelleria del giudice dell’opposizione, entro il termine di quaranta giorni dalla notifica (in tal senso, ex plurimis, Cass.: numero 2714 del 14/3/1991; numero 9099 del 24/8/1991 e numero 11318 del 15/10/1992).
Il dato forse più rilevante relativo al giudizio di opposizione (ed anche quello più singolare e problematico) è che l’opponente (attore formale) è convenuto in senso sostanziale, mentre l’opposto (convenuto in senso formale) è attore sostanziale.
Tenuto conto del fatto che il giudizio non riguarda il semplice controllo di legittimità della pronuncia del decreto ingiuntivo ma dà vita, come abbiamo visto, ad un giudizio di cognizione piena nell’ambito del quale il giudice deve esaminare compiutamente il rapporto controverso, incomberà sul convenuto opposto l’onere di provare i fatti costitutivi della sua pretesa, mentre sarà l’attore opponente a dover dedurre eventuali fatti impeditivi, modificativi o estintivi della pretesa fatta valere dal creditore.
E’ opportuno sottolineare, sul punto, come nessuna norma preveda l’acquisizione al fascicolo (d’ufficio o di parte convenuta opposta) dei documenti prodotti nell’ambito della fase sommaria, per cui la produzione di tali documenti costituisce un onere del convenuto opposto.
E’ buona norma produrre questi documenti in sede di costituzione in giudizio e comunque prima dell’udienza di cui all’articolo 183 ad esito della quale viene di solito delibata, ove proposta, l’istanza di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto e ciò per dare al giudice tutti gli elementi utili a tale delibazione.
Nessuna norma impedirebbe di provvedere su tale istanza già all’esito dell’udienza prevista dall’articolo 180; si ritiene però opportuno (e l’orientamento giurisprudenziale è pressoché univoco) decidere sull’istanza di provvisoria esecutività del decreto dopo l’intera prospettazione del thema decidendum, ed in particolare dopo che sono state formulate le eventuali eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, ai sensi dell’articolo 180 comma 2 ultima parte.
Il termine previsto in quest’ultima norma va assegnato al convenuto sostanziale, che nel giudizio in questione è l’attore opponente.
E’ appena il caso di notare come l’eccezione di incompetenza per territorio derogabile debba essere proposta dall’attore opponente già con l’atto di citazione in opposizione che è l’atto equiparabile alla comparsa di risposta del giudizio ordinario indicata dall’articolo 38 comma 2 del Codice di rito.
Con riguardo alla questione relativa alla competenza territoriale, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo si devono distinguere due aspetti: uno riguardante la competenza, funzionale ed inderogabile, stabilita dall’articolo 645 del Codice di Procedura Civile, che individua, sempre e comunque, il giudice competente a conoscere dell’opposizione al provvedimento monitorio nell’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto; l’altro, che riguarda la competenza del giudice del monitorio a conoscere della fattispecie dedotta in giudizio.
Il giudice dell’opposizione, che si identifica con lo stesso ufficio giudiziario che ha emesso il provvedimento monitorio opposto, una volta accertata la propria incompetenza territoriale, dovrebbe limitarsi a dichiarare la nullità del decreto ingiuntivo opposto senza disporre la translatio iudicii e senza neanche indicare il giudice ritenuto competente (in tal senso, Cass. 9/6/1990 numero 5623).    
Nell’ipotesi in cui, invece, il giudice dell’opposizione si dichiari territorialmente incompetente e rimetta le parti innanzi ad altro giudice, deve ritenersi che il giudizio eventualmente riassunto non sia quello di opposizione al decreto (già esauritosi innanzi al primo giudice che è l’unico inderogabilmente competente) bensì un normale giudizio di cognizione che riguarda la pretesa a suo tempo fatta valere nella fase sommaria.
La Corte di Cassazione, affermando, in via ormai consolidata, un orientamento interpretativo pienamente condivisibile, ha affermato, sul punto, che “La sentenza con cui il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo dichiara l’incompetenza territoriale del giudice che ha emesso il decreto, non comporta la declinatoria della competenza funzionale ed inderogabile di quest’ultimo a decidere sulla opposizione ma contiene, ancorché implicita, la declaratoria di invalidità del decreto ingiuntivo, sicché la tempestiva riassunzione del giudizio dinanzi al giudice dichiarato competente non può essere riferita alla causa di opposizione al decreto, che ormai non esiste più, ma costituisce un nuovo atto di impulso di un ordinario giudizio di cognizione avente ad oggetto la medesima domanda proposta con il ricorso in sede monitoria.” (Cass. 9/11/2004 numero 21297 e, nello stesso senso, ex plurimis,  Cass. 19/1/1979 numero 408; Cass. 19/7/1996 numero 6510; Cass. 12/2/1998 numero 1485).
Con riguardo alla questione delle modalità di chiamata in causa di un terzo, deve rilevarsi un totale vuoto normativo posto che gli articoli 167 e 269 non sembrano sic et simpliciter applicabili al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.
L’opinione preferibile sembra essere quella che consente all’attore opponente di provvedere direttamente alla chiamata in causa di un terzo (posto che non avrebbe senso la richiesta di spostamento di un’udienza fissata da esso opponente medesimo) e che fa carico al convenuto opposto di chiedere l’autorizzazione al giudice, ai sensi del terzo comma dell’articolo 269 posto che l’esigenza della chiamata di un terzo non può che nascere dalle difese del convenuto sostanziale.    
Per quanto concerne le domande riconvenzionali, queste possono essere proposte (nei limiti di cui all’articolo 36 del Codice così come costantemente interpretato dalla giurisprudenza) dall’attore opponente; l’opposto, invece, che rispetto a queste domande assume la veste di convenuto, potrà, a sua volta, proporre domande riconvenzionali collegate alle riconvenzionali di controparte (reconventio reconventionis) mentre con riferimento alla sua domanda originaria (contenuta nel ricorso per decreto ingiuntivo) potrà solo provvedere all’integrazione della stessa, con le domande accessorie.
Questi i temi principali che riguardano la struttura e l’impianto del procedimento.
Le altre questioni, specificamente riferibili all’iter processuale, tenuto conto dell’intento e della natura della presente relazione, possono qui soltanto essere indicate: presupposti per la provvisoria esecutività del decreto concessa dal giudice istruttore; adottabilità delle ordinanze di cui agli articoli 186 ter e 186 quater del Codice di rito; applicazione della norma introdotta (nell’articolo 648) dall’articolo 9 comma 3 del D.L.vo 231/2002 che consente l’esecuzione parziale del provvedimento monitorio opposto.
Si può solo affermare, in questa sede, che nella soluzione delle numerose questioni poste dalla pratica quotidiana, l’interprete dovrebbe utilizzare canoni ermeneutici che tengano conto della particolare struttura del procedimento, valorizzando le soluzioni basate su principi costituzionali e tendendo a riequilibrare la reciproca posizione delle parti, sul presupposto che il debitore, almeno nella fase iniziale e sommaria del procedimento, subisce l’iniziativa del creditore senza avere la concreta possibilità di interloquire su quanto da questi dedotto.


 
Codice di procedura civile – Del processo di esecuzione
Libro Terzo: DEL PROCESSO DI ESECUZIONE 
Titolo I: DEL TITOLO ESECUTIVO E DEL PRECETTO
Art. 474 Titolo esecutivo

L’esecuzione forzata non puo’ avere luogo che in virtu’ di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile.
Sono titoli esecutivi:
1) le sentenze, e i provvedimenti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva;
2) le cambiali, nonche’ gli altri titoli di credito e gli atti ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia;
3) gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli, relativamente alle obbligazioni di somme di danaro in essi contenute.

Art. 475 Spedizione in forma esecutiva
Le sentenze e gli altri provvedimenti dell’autorita’ giudiziaria e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, per valere come titolo per l’esecuzione forzata, debbono essere muniti della formula esecutiva, salvo che la legge disponga altrimenti.
La spedizione del titolo in forma esecutiva puo’ farsi soltanto alla parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata l’obbligazione, o ai suoi successori, con indicazione in calce della persona alla quale e’ spedita.
La spedizione in forma esecutiva consiste nell’intestazione “Repubblica italiana – In nome della legge” e nell’apposizione da parte del cancelliere o notaio o altro pubblico ufficiale, sull’originale o sulla copia, della seguente formula: “comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti, di mettere a esecuzione il presente titolo, al pubblico ministero di darvi assistenza, e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi, quando ne siano legalmente richiesti”.
Art. 476 Altre copie in forma esecutiva
Non puo’ spedirsi senza giusto motivo piu’ di una copia in forma esecutiva alla stessa parte.
Le ulteriori copie sono chieste dalla parte interessata, in caso di provvedimento con ricorso al capo dell’ufficio che l’ha pronunciato, e negli altri casi al presidente del tribunale nella cui circoscrizione l’atto fu formato.
Sull’istanza si provvede con decreto.
Il cancelliere, il notaio o altro pubblico ufficiale che contravviene alle disposizioni del presente articolo e’ condannato a una pena pecuniaria non superiore a lire quattromila, con decreto del capo dell’ufficio o del presidente del tribunale competente a norma del secondo comma.
Art. 477 Efficacia del titolo esecutivo contro gli eredi
Il titolo esecutivo contro il defunto ha efficacia contro gli eredi, ma si puo’ loro notificare il precetto soltanto dopo dieci giorni dalla notificazione del titolo.
Entro un anno dalla morte, la notificazione puo’ farsi agli eredi collettivamente e impersonalmente, nell’ultimo domicilio del defunto.
Art. 478 Prestazione della cauzione
Se l’efficacia del titolo esecutivo e’ subordinata a cauzione, non si puo’ iniziare l’esecuzione forzata finche’ quella non sia stata prestata. Della prestazione si fa constare con annotazione in calce o in margine al titolo spedito in forma esecutiva, o con atto separato che deve essere unito al titolo.
Art. 479 Notificazione del titolo esecutivo e del precetto
Se la legge non dispone altrimenti, l’esecuzione forzata deve essere preceduta dalla notificazione del titolo in forma esecutiva e del precetto.
La notificazione del titolo esecutivo deve essere fatta dalla parte personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti; ma, se esso e’ costituito da una sentenza, la notificazione, entro l’anno dalla pubblicazione, puo’ essere fatta a norma dell’articolo 170.
Il precetto puo’ essere redatto di seguito al titolo esecutivo ed essere notificato insieme con questo, purche’ la notificazione sia fatta alla parte personalmente.
Art. 480 Forma del precetto
Il precetto consiste nell’intimazione di adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di dieci giorni, salva l’autorizzazione di cui all’articolo 482, con l’avvertimento che, in mancanza, si procedera’ a esecuzione forzata.
Il precetto deve contenere a pena di nullita’ l’indicazione delle parti, della data di notificazione del titolo esecutivo, se questa e’ fatta separatamente, o la trascrizione integrale del titolo stesso, quando e’ richiesta dalla legge. In quest’ultimo caso l’ufficiale giudiziario, prima della relazione di notificazione, deve certificare di avere riscontrato che la trascrizione corrisponde esattamente al titolo originale.
Il precetto deve inoltre contenere la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione. In mancanza le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo in cui e’ stato notificato, e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del giudice stesso.
Il precetto deve essere sottoscritto a norma dell’articolo 125 e notificato alla parte personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti.
Art. 481 Cessazione dell’efficacia del precetto
Il precetto diventa inefficace, se nel termine di novanta giorni dalla sua notificazione non e’ iniziata l’esecuzione.
Se contro il precetto e’ proposta opposizione, il termine rimane sospeso e riprende a decorrere a norma dell’articolo 627.
Art. 482 Termine ad adempiere
Non si puo’ iniziare l’esecuzione forzata prima che sia decorso il termine indicato nel precetto e in ogni caso non prima che siano decorsi dieci giorni dalla notificazione di esso; ma il capo dell’ufficio competente per l’esecuzione, se vi e’ pericolo nel ritardo, puo’ autorizzare l’esecuzione immediata, con cauzione o senza. L’autorizzazione e’ data con decreto scritto in calce al precetto e trascritto a cura dell’ufficiale giudiziario nella copia da notificarsi.
Titolo II: DELL’ESPROPRIAZIONE FORZATA
Capo I: DELL’ESPROPRIAZIONE FORZATA IN GENERALE 
Sezione I: DEI MODI E DELLE FORME DELL’ESPROPRIAZIONE FORZATA IN GENERALE
Art. 483 Cumulo dei mezzi di espropriazione
Il creditore puo’ valersi cumulativamente dei diversi mezzi di espropriazione forzata previsti dalla legge; ma, su opposizione del debitore, il giudice dell’esecuzione immobiliare, quando e’ iniziata anche questa, negli altri casi il pretore, con ordinanza non impugnabile, possono limitare l’espropriazione al mezzo che il creditore sceglie o, in mancanza, a quello che il giudice stesso determina.
Art. 484 Giudice dell’esecuzione
L’espropriazione e’ diretta da un giudice.
Nei tribunali la nomina del giudice dell’esecuzione e’ fatta dal presidente, su presentazione a cura del cancelliere del fascicolo entro due giorni da che e’ stato formato.
Nelle preture fornite di piu’ magistrati la nomina e’ fatta dal dirigente a norma del comma precedente.
Si applicano al giudice della esecuzione le disposizioni degli articoli 174 e 175.
Art. 485 Audizione degli interessati
Quando la legge richiede, o il giudice ritiene necessario, che le parti ed eventualmente altri interessati siano sentiti il giudice stesso fissa con decreto l’udienza alla quale il creditore pignorante, i creditori intervenuti, il debitore ed eventualmente gli altri interessati debbono comparire davanti a lui.
Il decreto e’ comunicato dal cancelliere.
Se risulta o appare probabile che alcuna delle parti non sia comparsa per cause indipendenti dalla sua volonta’, il giudice dell’esecuzione fissa una nuova udienza della quale il cancelliere da’ comunicazione alla parte non comparsa.
Art. 486 Forma delle domande e delle istanze
Le domande e le istanze che si propongono al giudice dell’esecuzione, se la legge non dispone altrimenti, sono proposte oralmente quando avvengono all’udienza, e con ricorso da depositarsi in cancelleria negli altri casi.
Art. 487 Forma dei provvedimenti del giudice
Salvo che la legge disponga altrimenti, i provvedimenti del giudice dell’esecuzione sono dati con ordinanza, che puo’ essere dal giudice stesso modificata o revocata finche’ non abbia avuto esecuzione.
Per le ordinanze del giudice dell’esecuzione si osservano le disposizioni degli articoli 176 e seguenti in quanto applicabili e quella dell’articolo 186.
Art. 488 Fascicolo dell’esecuzione
Il cancelliere forma per ogni procedimento d’espropriazione un fascicolo, nel quale sono inseriti tutti gli atti compiuti dal giudice, dal cancelliere e dall’ufficiale giudiziario e gli atti e documenti depositati dalle parti e dagli eventuali interessati.
Il pretore o il presidente del tribunale competente per l’esecuzione o il giudice dell’esecuzione stessa puo’ autorizzare il creditore a depositare, in luogo dell’originale, una copia autentica del titolo esecutivo, con obbligo di presentare l’originale a ogni richiesta del giudice.
Art. 489 Luogo delle notificazioni e delle comunicazioni
Le notificazioni e le comunicazioni ai creditori pignoranti si fanno nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto nell’atto di precetto; quelle ai creditori intervenuti, nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto nella domanda d’intervento.
In mancanza di dichiarazione di residenza o di elezione di domicilio le notificazioni possono farsi presso la cancelleria del giudice competente per l’esecuzione .
Art. 490 Pubblicita’ degli avvisi
Quando la legge dispone che di un atto esecutivo sia data pubblica notizia, un avviso contenente tutti i dati, che possono interessare il pubblico, deve essere affisso per tre giorni continui nell’albo dell’ufficio giudiziario davanti al quale si svolge il procedimento esecutivo.
In caso di espropriazione immobiliare il medesimo avviso e’ inserito nel foglio degli annunzi legali della provincia in cui ha sede lo stesso ufficio giudiziario.
Il giudice puo’ anche disporre che l’avviso sia inserito una o piu’ volte in determinati giornali e, quando occorre, che sia divulgato con le forme della pubblicita’ commerciale.
Sezione II: DEL PIGNORAMENTO
Art. 491 Inizio dell’espropriazione
Salva l’ipotesi prevista nell’art. 502, l’espropriazione forzata si inizia col pignoramento.
Art. 492 Forma del pignoramento
Salve le forme particolari previste nei capi seguenti, il pignoramento consiste in una ingiunzione che l’ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano alla espropriazione e i frutti di essi.
Quando la legge richiede che l’ufficiale giudiziario nel compiere il pignoramento sia munito del titolo esecutivo, il pretore o il presidente del tribunale competente per l’esecuzione puo’ concedere al creditore l’autorizzazione prevista nell’articolo 488 secondo comma.
Art. 493 Pignoramenti su istanza di piu’ creditori
Piu’ creditori possono con unico pignoramento colpire il medesimo bene.
Il bene sul quale e’ stato compiuto un pignoramento puo’ essere pignorato successivamente su istanza di uno o piu’ creditori.
Ogni pignoramento ha effetto indipendente, anche se e’ unito ad altri in unico processo.
Art. 494 Pagamento nelle mani dell’ufficiale giudiziario
Il debitore puo’ evitare il pignoramento versando nelle mani dell’ufficiale giudiziario la somma per cui si procede e l’importo delle spese, con l’incarico di consegnarli al creditore.
All’atto del versamento si puo’ fare riserva di ripetere la somma versata.
Puo’ altresi’ evitare il pignoramento di cose, depositando nelle mani dell’ufficiale giudiziario, in luogo di esse, come oggetto di pignoramento, una somma di denaro eguale all’importo del credito o dei crediti per cui si procede e delle spese, aumentato di due decimi.
Articolo cosi’ sostituito dalla Legge 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 495 Conversione del pignoramento
In qualsiasi momento anteriore alla vendita, il debitore puo’ chiedere di sostituire alle cose pignorate una somma di denaro pari all’importo delle spese e dei crediti del creditore pignorante e dei creditori intervenuti.
Unitamente all’istanza deve essere depositata in cancelleria, a pena di inammissibilita’, la somma corrispondente ad un quinto dell’importo del credito per cui e’ stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti, indicati nei rispettivi atti di intervento. La somma e’ depositata dal cancelliere presso un istituto di credito indicato dal giudice.
La somma da sostituire al bene pignorato e’ determinata con ordinanza dal giudice dell’esecuzione, sentite le parti.
Con l’ordinanza che ammette la sostituzione, il giudice dispone che le cose pignorate siano liberate dal pignoramento e che la somma versata vi sia sottoposta in loro vece.
Qualora il debitore ometta il versamento dell’importo determinato dal giudice ai sensi del terzo comma, la somma versata unitamente alla presentazione dell’istanza forma parte dei beni pignorati.
L’istanza puo’ essere avanzata una sola volta, a pena di inammissibilita’.
Articolo cosi’ sostituito dall’art. 71, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 496 Riduzione del pignoramento
Su istanza del debitore o anche d’ufficio, quando il valore dei beni pignorati e’ superiore all’importo delle spese e dei crediti di cui all’articolo precedente, il giudice, sentiti il creditore pignorante e i creditori intervenuti, puo’ disporre la riduzione del pignoramento.
Art. 497 Cessazione dell’efficacia del pignoramento
Il pignoramento perde efficacia quando dal suo compimento sono trascorsi novanta giorni senza che sia stata chiesta l’assegnazione o la vendita.
Sezione III: DELL’INTERVENTO DEI CREDITORI
Art. 498 Avviso ai creditori iscritti
Debbono essere avvertiti dell’espropriazione i creditori che sui beni pignorati hanno un diritto di prelazione risultante da pubblici registri.
A tal fine e’ notificato a ciascuno di essi, a cura del creditore pignorante ed entro cinque giorni dal pignoramento, un avviso contenente l’indicazione del creditore pignorante, del credito per il quale si procede, del titolo e delle cose pignorate.
In mancanza della prova di tale notificazione, il giudice non puo’ provvedere sull’istanza di assegnazione o di vendita.
Art. 499 Intervento
Oltre i creditori indicati nell’articolo precedente, possono intervenire nella esecuzione gli altri creditori, ancorche’ non privilegiati.
Il ricorso deve contenere l’indicazione del credito e quella del titolo di esso, la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata e la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione.
Art. 500 Effetti dell’intervento
L’intervento da’ diritto a partecipare alla distribuzione della somma ricavata, e, secondo le disposizioni contenute nei capi seguenti, puo’ anche dare diritto a partecipare all’espropriazione del bene pignorato e a provocarne i singoli atti.
Sezione IV: DELLA VENDITA E DELLA ASSEGNAZIONE
Art. 501 Termine dilatorio del pignoramento
L’istanza di assegnazione o di vendita dei beni pignorati non puo’ essere proposta se non decorsi dieci giorni dal pignoramento, tranne che per le cose deteriorabili, delle quali puo’ essere disposta l’assegnazione o la vendita immediata.
Art. 502 Termine per l’assegnazione o la vendita del pegno
Salve le disposizioni speciali del codice civile, per l’espropriazione delle cose date in pegno e dei mobili soggetti ad ipoteca si seguono le norme del presente codice, ma l’assegnazione o la vendita puo’ essere chiesta senza che sia stata preceduta da pignoramento.
In tal caso il termine per la istanza di assegnazione o di vendita decorre dalla notificazione del precetto.
Art. 503 Modi della vendita forzata
La vendita forzata puo’ farsi con incanto o senza, secondo le forme previste nei capi seguenti.
Art. 504 Cessazione della vendita forzata
Se la vendita e’ fatta in piu’ volte o in piu’ lotti, deve cessare quando il prezzo gia’ ottenuto raggiunge l’importo delle spese e dei crediti menzionati nell’articolo 495 primo comma.
Art. 505 Assegnazione
Il creditore pignorante puo’ chiedere l’assegnazione dei beni pignorati, nei limiti e secondo le regole contenute nei capi seguenti.
Se sono intervenuti altri creditori, l’assegnazione puo’ essere chiesta a vantaggio di uno solo o di piu’, d’accordo fra tutti.
Art. 506 Valore minimo per l’assegnazione
L’assegnazione puo’ essere fatta soltanto per un valore non inferiore alle spese di esecuzione e ai crediti aventi diritto a prelazione anteriore a quello dell’offerente.
Se il valore eccede quello indicato nel comma precedente, sull’eccedenza concorrono l’offerente e gli altri creditori, osservate le cause di prelazione che li assistono.
Art. 507 Forma dell’assegnazione
L’assegnazione si fa mediante ordinanza del giudice dell’esecuzione contente l’indicazione dell’assegnatario, del creditore pignorante, di quelli intervenuti, del debitore, ed eventualmente del terzo proprietario, del bene assegnato e del prezzo di assegnazione.
Art. 508 Assunzione di debiti da parte dell’aggiudicatario o dell’assegnatario
Nel caso di vendita o di assegnazione di un bene gravato da pegno o da ipoteca, l’aggiudicatario o assegnatario, con l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione, puo’ concordare col creditore pignoratizio o ipotecario l’assunzione del debito con le garanzie ad esso inerenti, liberando il debitore.
In tal caso nel provvedimento di vendita o di assegnazione si deve menzionare l’assunzione del debito.
Sezione V: DELLA DISTRIBUZIONE DELLA SOMMA RICAVATA
Art. 509 Composizione della somma ricavata
La somma da distribuire e’ formata da quanto proviene a titolo di prezzo o conguaglio delle cose vendute o assegnate, di rendita o provento delle cose pignorate, di multa e risarcimento di danno da parte dell’aggiudicatario.
Art. 510 Distribuzione della somma ricavata
Se vi e’ un solo creditore pignorante senza intervento di altri creditori, il giudice dell’esecuzione, sentito il debitore, dispone a favore del creditore pignorante il pagamento di quanto gli spetta per capitale, interessi e spese.
In caso diverso, la somma ricavata e’ dal giudice distribuita tra i creditori a norma delle disposizioni contenute nei capi seguenti, con riguardo alle cause legittime di prelazione.
Il residuo della somma ricavata e’ consegnato al debitore o al terzo che ha subito l’espropriazione.
Art. 511 Domanda di sostituzione
I creditori di un creditore avente diritto alla distribuzione possono chiedere di essere a lui sostituiti, proponendo domanda a norma dell’articolo 499 secondo comma.
Il giudice dell’esecuzione provvede alla distribuzione anche nei loro confronti, ma le contestazioni relative alle loro domande non possono ritardare la distribuzione tra gli altri creditori concorrenti.
Art. 512 Risoluzione delle controversie
Se, in sede di distribuzione, sorge controversia tra creditori concorrenti o tra creditori e debitori o terzo assoggettato all’espropriazione circa la sussistenza o l’ammontare di uno o piu’ crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione, il giudice dell’esecuzione provvede all’istruzione della causa, se e’ competente; altrimenti rimette le parti davanti al giudice competente a norma dell’articolo 17, fissando un termine perentorio per la riassunzione.
Il giudice, se non sospende totalmente il procedimento, provvede alla distribuzione della parte della somma ricavata non controversa.
Articolo cosi’ sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Capo II: DELL’ESPROPRIAZIONE MOBILIARE PRESSO IL DEBITORE
Sezione I : DEL PIGNORAMENTO
Art. 513 Ricerca delle cose da pignorare
L’ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, puo’ ricercare le cose da pignorare nella casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti. Puo’ anche ricercarle sulla persona del debitore, osservando le opportune cautele per rispettarne il decoro.
Quando e’ necessario aprire porte, ripostigli o recipienti, vincere la resistenza opposta dal debitore o da terzi, oppure allontanare persone che disturbano l’esecuzione del pignoramento, l’ufficiale giudiziario provvede secondo le circostanze, richiedendo, quando occorre, l’assistenza della forza pubblica.
Il pretore, su ricorso del creditore, puo’ autorizzare con decreto l’ufficiale giudiziario a pignorare cose determinate che non si trovano in luoghi appartenenti al debitore, ma delle quali egli puo’ direttamente disporre.
In ogni caso l’ufficiale giudiziario puo’ sottoporre a pignoramento, secondo le norme della presente sezione, le cose del debitore che il terzo possessore consente di esibirgli.
Art. 514 Cose mobili assolutamente impignorabili
Oltre alle cose dichiarate impignorabili da speciali disposizioni di legge, non si possono pignorare:
1) le cose sacre e quelle che servono all’esercizio del culto;
2) l’anello nuziale, i vestiti, la biancheria, i letti, i tavoli per la consumazione dei pasti con le relative sedie, gli armadi guardaroba, i cassettoni, il frigorifero, le stufe ed i fornelli di cucina anche se a gas o elettrici, la lavatrice, gli utensili di casa e di cucina unitamente ad un mobile idoneo a contenerli, in quanto indispensabili al debitore ed alle persone della sua famiglia con lui conviventi; sono tuttavia esclusi i mobili, meno i letti, di rilevante valore economico, anche per accertato pregio artistico o di antiquariato;
3) i commestibili e i combustibili necessari per un mese al mantenimento del debitore e delle altre persone indicate nel numero precedente;
4) gli strumenti, gli oggetti e i libri indispensabili per l’esercizio della professione, dell’arte o del mestiere del debitore;
5) le armi e gli oggetti che il debitore ha l’obbligo di conservare per l’adempimento di un pubblico servizio;
6) le decorazioni al valore, le lettere, i registri e in generale gli scritti di famiglia, nonche’ i manoscritti, salvo che formino parte di una collezione.
Articolo cosi’ sostituito dalla L. 8 maggio 1971, n. 302.
Art. 515 Cose mobili relativamente impignorabili
Le cose, che il proprietario di un fondo vi tiene per il servizio e la coltivazione del medesimo, possono essere pignorate separatamente dall’immobile soltanto in mancanza di altri mobili; tuttavia il pretore, su istanza del debitore e sentito il creditore, puo’ escludere dal pignoramento, con ordinanza non impugnabile, quelle tra le cose suindicate che sono di uso necessario per la coltura del fondo o puo’ anche permetterne l’uso, sebbene pignorate, con le opportune cautele per la loro conservazione e ricostituzione.
Le stesse disposizioni il pretore puo’ dare relativamente alle cose destinate dal coltivatore al servizio o alla coltivazione del fondo.
Art. 516 Cose pignorabili in particolari circostanze di tempo
I frutti non ancora raccolti o separati dal suolo non possono essere pignorati separatamente dall’immobile a cui accedono, se non nelle ultime sei settimane anteriori al tempo ordinario della loro maturazione, tranne che il creditore pignorante si assuma le maggiori spese della custodia.
I bachi da seta possono essere pignorati solo quando sono nella maggior parte sui rami per formare il bozzolo.
Art. 517 Scelta delle cose da pignorare
Il pignoramento, quando non v’e’ pregiudizio per il creditore, deve essere eseguito preferibilmente sulle cose indicate dal debitore.
In ogni caso l’ufficiale giudiziario deve preferire il danaro contante, gli oggetti preziosi e i titoli di credito che ritiene di sicura realizzazione.
Art. 518 Forma del pignoramento
L’ufficiale giudiziario redige delle sue operazioni processo verbale, nel quale da’ atto dell’ingiunzione di cui all’articolo 492 e descrive le cose pignorate, determinandone approssimativamente il valore, con l’assistenza, quando occorre, di uno stimatore da lui scelto. Se il pignoramento cade su frutti non ancora raccolti o separati dal suolo o su bachi da seta, l’ufficiale giudiziario ne descrive la natura, la qualita’ e l’ubicazione.
Nel processo verbale l’ufficiale giudiziario fa relazione delle disposizioni date per conservare le cose pignorate.
Se il debitore non e’ presente, l’ufficiale giudiziario rivolge l’ingiunzione alle persone indicate nell’articolo 139 secondo comma, e consegna loro un avviso dell’ingiunzione stessa per il debitore. In mancanza di dette persone affigge l’avviso alla porta dell’immobile in cui ha eseguito il pignoramento.
Il processo verbale col titolo esecutivo e il precetto deve essere depositato in cancelleria entro le ventiquattrore dal compimento delle operazioni. Il cancelliere al momento del deposito forma il fascicolo dell’esecuzione.
Art. 519 Tempo del pignoramento
Il pignoramento non puo’ essere eseguito nei giorni festivi ne’ fuori delle ore indicate nell’articolo 147, salvo che ne sia data autorizzazione dal pretore.
Il pignoramento iniziato nelle ore prescritte puo’ essere proseguito fino al suo compimento.
Art. 520 Custodia dei mobili pignorati
L’ufficiale giudiziario consegna al cancelliere della pretura il danaro, i titoli di credito e gli oggetti preziosi colpiti dal pignoramento. Il danaro deve essere depositato dal cancelliere nelle forme dei depositi giudiziari, mentre i titoli di credito e gli oggetti preziosi sono custoditi nei modi che il pretore determina.
Per la conservazione delle altre cose l’ufficiale giudiziario provvede trasportandole in un luogo di pubblico deposito o affidandole a un custode.
Art. 521 Nomina e obblighi del custode
Non possono essere nominati custode il creditore o il suo coniuge senza il consenso del debitore, ne’ il debitore o le persone della sua famiglia che convivono con lui senza il consenso del creditore.
Il custode sottoscrive il processo verbale dal quale risulta la sua nomina.
Al fine della conservazione delle cose pignorate, l’ufficiale giudiziario autorizza il custode a lasciarle nell’immobile appartenente al debitore o a trasportarle altrove.
Il custode non puo’ usare delle cose pignorate senza l’autorizzazione del pretore e deve rendere il conto a norma dell’art. 593.
Art. 522 Compenso del custode
Il custode non ha diritto a compenso se non l’ha chiesto e se non gli e’ stato riconosciuto dall’ufficiale giudiziario all’atto della nomina.
Nessun compenso puo’ attribuirsi alle persone indicate nel primo comma dell’articolo precedente.
Art. 523 Unione di pignoramenti
L’ufficiale giudiziario, che trova un pignoramento gia’ iniziato da altro ufficiale giudiziario, continua le operazioni insieme con lui. Essi redigono unico processo verbale.
Art. 524 Pignoramento successivo
L’ufficiale giudiziario, che trova un pignoramento gia’ compiuto, ne da’ atto nel processo verbale descrivendo i mobili precedentemente pignorati, e quindi procede al pignoramento degli altri beni o fa constare nel processo verbale che non ve ne sono.
Il processo verbale e’ depositato in cancelleria e inserito nel fascicolo formato in base al primo pignoramento, se quello successivo e’ compiuto anteriormente alla udienza prevista nell’articolo 525 secondo comma, ovvero alla presentazione del ricorso per l’assegnazione o la vendita dei beni pignorati nella ipotesi prevista nel terzo comma dell’articolo 525. In tal caso il cancelliere ne da’ notizia al creditore primo pignorante e l’esecuzione si svolge in unico processo.
Il pignoramento successivo, se e’ compiuto dopo l’udienza di cui sopra ovvero dopo la presentazione del ricorso predetto, ha gli effetti di un intervento tardivo rispetto ai beni colpiti dal primo pignoramento. Se colpisce altri beni, per questi ha luogo separato processo.
Articolo cosi’ sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Sezione II: DELL’INTERVENTO DEI CREDITORI
Art. 525 Condizione a tempo dell’intervento
Possono intervenire a norma dell’articolo 499 tutti coloro che nei confronti del debitore hanno un credito certo, liquido ed esigibile.
Per gli effetti di cui agli articoli seguenti l’intervento deve avere luogo non oltre la prima udienza fissata per l’autorizzazione della vendita o per l’assegnazione. Di tale intervento il cancelliere da’ notizia al creditore pignorante.
Qualora il valore dei beni pignorati, determinato a norma dell’articolo 518, non superi le lire dieci milioni, l’intervento di cui al comma precedente deve aver luogo non oltre la data di presentazione del ricorso, prevista dall’articolo 529 (1).
Articolo cosi’ sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma cosi’ sostituito dall’art. 72, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 526 Facolta’ dei creditori intervenuti
I creditori intervenuti a norma del secondo comma e del terzo comma dell’articolo precedente partecipano all’espropriazione dei mobili pignorati e, se muniti di titolo esecutivo, possono provocarne i singoli atti.
Articolo cosi’ sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.

Art. 527 Diritto dei creditori intervenuti alla distribuzione
Ai creditori intervenuti a norma dell’articolo 525 secondo e terzo comma il creditore pignorante ha facolta’ di indicare, alla udienza o con atto notificato e, in ogni caso, non oltre i cinque giorni successivi alla comunicazione fattagli dal cancelliere, l’esistenza di altri beni del debitore utilmente pignorabili, e di invitarli ad estendere il pignoramento se sono forniti di titolo esecutivo o, altrimenti, ad anticipare le spese necessarie per l’estensione.
Se i creditori intervenuti non si giovano, senza giusto motivo, delle indicazioni loro fatte o non rispondono all’invito entro il termine di dieci giorni, il creditore pignorante ha diritto di essere loro preferito in sede di distribuzione.
Articolo cosi’ sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.

Art. 528 Intervento tardivo
I creditori chirografari che intervengono oltre l’udienza indicata nell’articolo 525 secondo comma, ovvero oltre la data di presentazione del ricorso per l’assegnazione o la vendita dei beni pignorati nell’ipotesi prevista nell’articolo 525 terzo comma, ma prima del provvedimento di distribuzione, concorrono alla distribuzione della parte della somma ricavata che sopravanza dopo soddisfatti i diritti del creditore pignorante e di quelli intervenuti in precedenza.
I creditori che hanno un diritto di prelazione sulle cose pignorate, anche se intervengono a norma del comma precedente, concorrono alla distribuzione della somma ricavata in ragione dei loro diritti di prelazione.
Articolo cosi’ sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Sezione III: DELL’ASSEGNAZIONE E DELLA VENDITA
Art. 529 Istanza di assegnazione o di vendita
Decorso il termine di cui all’articolo 501, il creditore pignorante e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possono chiedere la distribuzione del danaro e la vendita di tutti gli altri beni.
Dei titoli di credito e delle altre cose il cui valore risulta dal listino di borsa o di mercato possono chiedere anche l’assegnazione.
Al ricorso si deve unire il certificato d’iscrizione dei privilegi gravanti sui mobili pignorati.
Art. 530 Provvedimento per l’assegnazione o per l’autorizzazione della vendita
Sull’istanza di cui all’articolo precedente il pretore fissa l’udienza per l’audizione delle parti.
All’udienza le parti possono fare osservazioni circa l’assegnazione e circa il tempo e le modalita’ della vendita e debbono proporre, a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi, se non sono gia’ decadute dal diritto di proporle.
Se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l’accordo delle parti comparse, il pretore dispone con ordinanza l’assegnazione o la vendita.
Se vi sono opposizioni il pretore le decide con sentenza e dispone con ordinanza l’assegnazione o la vendita.
Qualora ricorra l’ipotesi prevista dal terzo comma dell’articolo 525, e non siano intervenuti creditori fino alla presentazione del ricorso, il pretore provvedera’ con decreto per l’assegnazione o la vendita; altrimenti provvedera’ a norma dei commi precedenti, ma saranno sentiti soltanto i creditori intervenuti nel termine previsto dal terzo comma dell’articolo 525.
Articolo cosi’ sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 531 Vendita di frutti pendenti o di speciali beni mobili
La vendita di frutti pendenti non puo’ essere disposta se non per il tempo della loro maturazione, salvo diverse consuetudini locali.
La vendita dei bachi da seta non puo’ essere fatta prima che siano in bozzoli.
Delle cose indicate nell’articolo 515 il pretore puo’ differire la vendita per il periodo che ritiene necessario a soddisfare le esigenze dell’azienda agraria.
Art. 532 Vendita a mezzo di commissionario
Quando lo ritiene opportuno, il pretore puo’ disporre che le cose pignorate siano affidate a un commissionario, affinche’ proceda alla vendita.
Nello stesso provvedimento il pretore, sentito quando occorre uno stimatore, fissa il prezzo minimo della vendita e l’importo globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita, e puo’ imporre al commissionario una cauzione.
Se il valore delle cose risulta dal listino di borsa o di mercato, la vendita non puo’ essere fatta a prezzo inferiore al minimo ivi segnato.
N.B.: Articolo cosi’ sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Art. 533 Obblighi del commissionario
Il commissionario non puo’ vendere se non per contanti. Egli e’ tenuto in ogni caso a documentare le operazioni di vendita mediante certificato, fattura o fissato bollato in doppio esemplare, uno dei quali deve essere consegnato al cancelliere col prezzo ricavato dalla vendita, nel termine stabilito dal pretore nel suo provvedimento.
Qualora la vendita senza incanto non avvenga nel termine di un mese dal provvedimento di autorizzazione, il commissionario, salvo che il termine sia prorogato su istanza di tutti i creditori intervenuti, deve riconsegnare i beni, affinche’ siano venduti all’incanto.
Il compenso al commissionario e’ stabilito dal pretore con decreto.
Articolo cosi’ sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.

Art. 534 Vendita all’incanto
Quando la vendita deve essere fatta ai pubblici incanti, il pretore, col provvedimento di cui all’articolo 530, stabilisce il giorno, l’ora e il luogo in cui deve eseguirsi, e ne affida l’esecuzione al cancelliere o all’ufficiale giudiziario o a un istituto all’uopo autorizzato.
Nello stesso provvedimento il pretore puo’ disporre che, oltre alla pubblicita’ prevista dal primo comma dell’articolo 490, sia data anche una pubblicita’ straordinaria a norma del comma terzo dello stesso articolo.
Articolo cosi’ sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Art. 535 Prezzo base dell’incanto
Se il valore delle cose risulta da listino di borsa o di mercato, il prezzo base e’ determinato dal minimo del giorno precedente alla vendita.
In ogni altro caso il pretore, nel provvedimento di cui all’articolo 530, sentito quando occorre uno stimatore, fissa il prezzo di apertura dell’incanto o autorizza, se le circostanze lo consigliano, la vendita al migliore offerente senza determinare il prezzo minimo.

Art. 536 Trasporto e ricognizione delle cose da vendere
Chi e’ incaricato della vendita fa trasportare, quando occorre, le cose pignorate nel luogo stabilito per l’incanto, e puo’ richiedere l’intervento della forza pubblica.
In ogni caso, prima di addivenire agli incanti deve fare, in concorso col custode, la ricognizione degli oggetti da vendersi, confrontandoli con la descrizione contenuta nel processo verbale di pignoramento.
Art. 537 Modo dell’incanto
Le cose da vendere si offrono singolarmente oppure a lotti secondo la convenienza, per il prezzo base di cui all’articolo 535. L’aggiudicazione al maggiore offerente segue quando, dopo una duplice pubblica enunciazione del prezzo raggiunto, non e’ fatta una maggiore offerta.
Se la vendita non puo’ compiersi nel giorno stabilito, e’ continuata nel primo giorno seguente non festivo.
Dell’incanto si redige processo verbale, che si deposita immediatamente nella cancelleria.
Art. 538 Nuovo incanto
Quando una cosa messa all’incanto resta invenduta, il cancelliere ne da’ notizia alle parti.
Se delle cose invendute nessuno dei creditori chiede l’assegnazione per il prezzo fissato a norma dell’articolo 535 secondo comma, il pretore ordina un nuovo incanto nel quale e’ ammessa qualsiasi offerta.
Art. 539 Vendita o assegnazione degli oggetti d’oro e d’argento
Gli oggetti d’oro e d’argento non possono in nessun caso essere venduti per un prezzo inferiore al valore intrinseco.
Se restano invenduti, sono assegnati per tale valore ai creditori.
Art. 540 Pagamento del prezzo e rivendita
La vendita all’incanto si fa per contanti.
Se il prezzo non e’ pagato, si procede immediatamente a nuovo incanto, a spese e sotto la responsabilita’ dell’aggiudicatario inadempiente.
La somma ricavata dalla vendita e’ immediatamente consegnata al cancelliere per essere depositata con le forme dei depositi giudiziari.
Sezione IV: DELLA DISTRIBUZIONE DELLA SOMMA RICAVATA
Art. 541 Distribuzione amichevole
Se i creditori concorrenti chiedono la distribuzione della somma ricavata secondo un piano concordato, il pretore, sentito il debitore, provvede in conformita’.
Art. 542 Distribuzione giudiziale
Se i creditori non raggiungono l’accordo di cui all’articolo precedente o il pretore non l’approva, ognuno di essi puo’ chiedere che si proceda alla distribuzione della somma ricavata.
Il pretore, sentite le parti, distribuisce la somma ricavata a norma degli articoli 510 e seguenti e ordina il pagamento delle singole quote.
Capo III: DELL’ESPROPRIAZIONE PRESSO TERZI
Sezione I: DEL PIGNORAMENTO E DELL’INTERVENTO
Art. 543 Forma del pignoramento
Il pignoramento di crediti del debitore verso terzi o di cose del debitore che sono in possesso di terzi, si esegue mediante atto notificato personalmente al terzo e al debitore a norma degli articoli 137 e seguenti.
L’atto deve contenere, oltre all’ingiunzione al debitore di cui all’articolo 492:
1) l’indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e del precetto;
2) l’indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute e l’intimazione al terzo di non disporne senza ordine di giudice;
3) la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il pretore competente;
4) la citazione del terzo e del debitore a comparire davanti al pretore del luogo di residenza del terzo, affinche’ questi faccia la dichiarazione di cui all’articolo 547 e il debitore sia presente alla dichiarazione e agli atti ulteriori.
Nell’indicare l’udienza di comparizione si deve rispettare il termine previsto nell’articolo 501.
L’ufficiale giudiziario, che ha proceduto alla notificazione dell’atto, e’ tenuto a depositare immediatamente l’originale nella cancelleria della pretura per la formazione del fascicolo previsto nell’articolo 488. In tale fascicolo debbono essere inseriti il titolo esecutivo e il precetto che il creditore pignorante deve depositare in cancelleria al momento della costituzione prevista nell’articolo 314.
Art. 544 Pegno o ipoteca a garanzia del credito pignorato
Se il credito pignorato e’ garantito da pegno, s’intima a chi detiene la cosa data in pegno di non eseguirne la riconsegna senza ordine di giudice.
Se il credito pignorato e’ garantito da ipoteca, l’atto di pignoramento deve essere annotato nei libri fondiari.
Art. 545 Crediti impignorabili
Non possono essere pignorati i crediti alimentari, tranne che per causa di alimenti e sempre con l’autorizzazione del pretore e per la parte da lui determinata mediante decreto.
Non possono essere pignorati crediti aventi per oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per maternita’, malattie e funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza.
Le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario di altra indennita’ relative al rapporto di lavoro o di impiego comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura autorizzata dal pretore.
Tali somme possono essere pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito.
Il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente non puo’ estendersi oltre la meta’ dell’ammontare delle somme predette.
Restano in ogni caso ferme le altre limitazioni contenute in speciali disposizioni di legge.
Art. 546 Obblighi del terzo
Dal giorno in cui gli e’ notificato l’atto previsto nell’articolo 543, il terzo e’ soggetto, relativamente alle cose e alle somme da lui dovute, agli obblighi che la legge impone al custode.
Art. 547 Dichiarazione del terzo
Con dichiarazione all’udienza il terzo, personalmente o a mezzo di mandatario speciale, deve specificare di quali cose o di quali somme e’ debitore o si trova in possesso, e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna.
Deve altresi’ specificare i sequestri precedentemente eseguiti presso di lui e le cessioni che gli sono state notificate o che ha accettato.
Il creditore pignorante deve chiamare nel processo il sequestrante nel termine perentorio fissato dal giudice.
Art. 548 Mancata o contestata dichiarazione del terzo
Se il terzo non comparisce all’udienza stabilita o, comparendo, rifiuta di fare la dichiarazione, o se intorno a questa sorgono contestazioni, il pretore, su istanza di parte, provvede all’istruzione della causa a norma del libro secondo, se essa non eccede i limiti della sua competenza; altrimenti rimette le parti davanti al tribunale competente, assegnando loro un termine perentorio per la riassunzione.
Se il terzo non fa la dichiarazione neppure nel corso del giudizio di primo grado, puo’ essere applicata nei suoi confronti la disposizione dell’articolo 232 primo comma.
Articolo cosi’ sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Art. 549 Accertamento dell’obbligo del terzo
Con la sentenza che definisce il giudizio di cui all’articolo precedente, il giudice, se accerta l’esistenza del diritto del debitore nei confronti del terzo, fissa alle parti un termine perentorio per la prosecuzione del processo esecutivo.
Art. 550 Pluralita’ di pignoramenti
Il terzo deve indicare i pignoramenti che sono stati eseguiti presso di lui.
Se altri pignoramenti sono eseguiti dopo che il terzo abbia fatto la sua dichiarazione, egli puo’ limitarsi a richiamare la dichiarazione precedente e i pignoramenti ai quali si riferiva.
Si applicano le disposizioni dell’articolo 524 secondo e terzo comma.
Art. 551 Intervento
L’intervento di altri creditori e’ regolato a norma degli articoli 525 e seguenti.
Agli effetti di cui all’articolo 526 l’intervento non deve avere luogo oltre la prima udienza di comparizione delle parti.
Sezione II: DELL’ASSEGNAZIONE E DELLA VENDITA
Art. 552 Assegnazione e vendita di cose dovute dal terzo
Se il terzo si dichiara o e’ dichiarato possessore di cose appartenenti al debitore, il pretore, sentite le parti, provvede per l’assegnazione o la vendita delle cose mobili a norma degli articoli 529 e seguenti, o per l’assegnazione dei crediti a norma dell’articolo seguente.
Art. 553 Assegnazione e vendita di crediti
Se il terzo si dichiara o e’ dichiarato debitore di somme esigibili immediatamente o in termine non maggiore di novanta giorni, il pretore le assegna in pagamento, salvo esazione ai creditori concorrenti.
Se le somme dovute dal terzo sono esigibili in termine maggiore, o si tratta di censi o di rendite perpetue o temporanee, e i creditori non ne chiedano d’accordo l’assegnazione, si applicano le regole richiamate nell’articolo precedente per la vendita di cose mobili.
Il valore delle rendite perpetue e dei censi, quando sono assegnati ai creditori, deve essere ragguagliato in ragione di cento lire di capitale per cinque lire di rendita.
Art. 554 Pegno o ipoteca a garanzia del credito assegnato
Se il credito assegnato o venduto e’ garantito da pegno, il pretore dispone che la cosa data in pegno sia affidata all’assegnatario o aggiudicatario del credito oppure ad un terzo che designa, sentite le parti.
Se il credito assegnato o venduto e’ garantito da ipoteca, il provvedimento di assegnazione o l’atto di vendita va annotato nei libri fondiari.